È un vero peccato che Marco Buticchi in questo romanzo non
abbia inserito anche le ipotesi che
vedono lo sbarco sulla Luna come un’invenzione
della Nasa e i glifi nel deserto di Atacama come testimonianze certe
dell’invasione di extraterrestri: una
mancanza imperdonabile, perché per il resto ci ha messo proprio tutto. Ah, no,
mancano anche il complotto dell’11 settembre – forse perché il romanzo è stato
scritto prima del 2001? – e la caduta del meteorite che ha provocato la
scomparsa dei dinosauri… sì, lacunoso, davvero lacunoso.
Ho proseguito per circa
centocinquanta pagine prima di piantarlo
a metà, e ciò a causa dell’unico intento di sperimentare diverse apps tra cui scegliere quella che mi
permetta di leggere i testi sul telefono nel modo più agevole possibile. Ancora
non ho trovato quella ideale, ad ognuna manca qualcosa, ma per i prossimi
esperimenti cambierò libro.
Prima che cominciassi a
scrivere questo blog, di Marco Buticchi avevo già letto Le pietre della luna e Menorah, dei quali sinceramente non è
che mi sia restato molto, ad eccezione del sentito dire sulla diatriba
ricorrente se Ridley Scott gli abbia
pagato o no i diritti d’autore per Il
gladiatore, e di questo francamente non è che me ne importi poi molto. Ma
se li avessi trovati davvero pessimi, come questo Profezia, di sicuro me ne sarei ricordato, e da ciò deriva il
sospetto che il successo abbia nuociuto non poco allo scrittore ligure
peggiorando di molto le sue capacità narrative.
Evidentemente trascinato
dall’entusiasmo dello scrittore da poco consacrato, in questo pseudo-romanzo Buticchi ha voluto
inserirci di tutto: dalla saga dei Cavalieri Templari alla leggenda di
Atlantide, dalle oscure sette che governano il mondo alla caduta degli Zar,
dalla politica interna israeliana alle ipotesi sulla scoperta dell’America alle
tre profezie di Fatima eccetera, il tutto trattato in maniera così superficiale
e grossolana che al confronto Peter
Kolosimo è stato la persona più degna di fiducia di questo mondo e al
comitato scientifico di trasmissioni come Mistero
potreste affidare la verginità di vostra figlia.
Un coacervo di luoghi comuni e sentito dire, senza un’organizzazione
logica e con personaggi definiti con una superficialità del tutto deludente che
si muovono seguendo copioni talmente scontati che neanche in un film di serie
zeta. Non parliamo poi dello stile: inesistente, sembra che una volta steso il canovaccio l’autore si sia stufato e
abbia deciso di lasciar perdere il tutto senza passare alla fase di scrittura
vera e propria. Davvero comodo, a patto di trovare poi qualcuno che ti
pubblichi. Nessuna contestualizzazione, ambientazioni generiche,
approfondimenti neanche a parlarne, protagonisti seriali che aspettano più di
cento pagine prima di entrare in scena, descrizioni stitiche, miriadi di
vicende che si intrecciano e delle quali ti passa ben presto la voglia di
sapere come andranno a finire.
Tra i libri che ho iniziato
ultimamente, questo entra a far parte a buon diritto della top-ten dei peggiori. E
pensare che esiste qualche lettore che vi ha trovato “personaggi ben
rappresentati in un libro pieno di interesse dall’altissima tensione narrativa,
fantastico, un’opera di gran coinvolgimento…” e che pone Buticchi alla pari di
un Wilbur Smith!
Eh sì, a quali abissi può
portare l’alcolismo…
Il Lettore
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