In una delle mie rare
uscite televisive (nel senso di quelle rare volte che guardo la televisione;
mai stato dentro ad alcun programma), l’altra sera ho visto la finale di Masterchef USA con la vittoria del
friulano Luca Manfè sull’altra finalista,
l’antipaticissima Natascia. Ho sempre nutrito la profonda convinzione che
trasmissioni del genere siano tutte taroccate e imbastite apposta, negli States come in Italy, ma una volta che ne sei consapevole te le puoi gustare senza
false illusioni apprezzandone gli spunti simpatici.
Come potrete facilmente
immaginare, a me piacciono soprattutto la capacità critica e la cattiveria dei tre giudici: Gordon Ramsey, Joe Bastianich e Graham
Elliot.
Guardare la trasmissione
gastronomica mi ha fatto tornare in mente il libro di cui oggi vi propongo la
recensione: Aglio e zaffiri di Ruth Reichl, che avevo letto qualche
anno fa: mi era piaciuto talmente tanto che una volta terminato avevo comperato
anche gli altri due libri più famosi della stessa autrice: Confortatemi con le mele e La
parte più tenera.
Aglio
e zaffiri prende spunto
dall’inaspettata assunzione dell’autrice da parte del New York Times, dove la chiamano a ricoprire il ruolo di critico
gastronomico: in pratica, il giornale le chiede d’improvviso di sostenere la
parte del critico più importante del mondo nel settore culinario. Ruth Reichl era già il critico
gastronomico del Los Angeles Times,
quindi non l’ultima arrivata, una giornalista quotata e abile nella sua
specializzazione, e questo si può apprezzare nel suo modo di scrivere.
Nel libro, il gioco delle
gag si sviluppa sull’intenzione dell’autrice di valutare i vari ristoranti di New York sia come critico del Times, sia come cliente qualunque, ferma
nella convinzione di come la maggior parte dei ristoranti propinino cibi e
trattamenti diversi in dipendenza del cliente. Prima ancora di arrivare a New York la Reichl scopre che tutti i
ristoranti hanno in bacheca il suo ritratto, pronti a servirla e riverirla con
tutti gli onori appena ne avrebbe varcato la soglia, e decide che avrebbe loro
attribuito le famose “stelle” solo dopo averne assaggiato la cucina prima nella
sua veste ufficiale e poi come cliente qualunque, ricorrendo spesso a
travestimenti e modifiche dei tratti somatici da parte di abili truccatori per
non farsi riconoscere.
Scopre così, e nel libro è
abile a raccontarlo, che se al Le Cirque,
uno dei più rinomati ristoranti newyorchesi da sempre detentore di ben quattro
stelle, si presenta prenotando a suo nome, allora la fanno passare davanti al
re di Spagna e le assegnano un tavolo centrale enorme e prestigioso con tutto
il personale ai suoi piedi, ma se prenota come Signora Nessuno la costringono a
tre quarti d’ora d’attesa sull’orario concordato, le strappano i menu dalle
mani e non c’è traccia né del proprietario del ristorante né del sommelier che si erano prodigati la
prima volta. Ruth Reichl è onesta
nell’ammettere la suprema bontà dei cibi in entrambe le cene, ma dopo aver
assaggiato anche il trattamento più sbrigativo riservato ai comuni mortali, le
stelle del Le Cirque sono scese a 3.
E così via mangiando sia
nei più noti che nei meno conosciuti locali della città più famosa del mondo,
ricorrendo ai trucchi più svariati per non farsi riconoscere e poter scrivere
quindi delle recensioni il più possibile oneste. Il libro è condito degli stessi
articoli da lei pubblicati sul giornale, e qua e là dalle ricette che più
l’hanno colpita nel corso della sua avventura.
Ho trovato questo resoconto
veramente carino, soprattutto per un amante della buona cucina, scritto bene e
stuzzicante per il modo in cui l’autrice riesce a farti percepire con le parole
le caratteristiche peculiari dei piatti descritti.
E comunque... quanto mi piacerebbe far parte della giuria di Masterchef!
Il Lettore
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