Dopo aver terminato la
lettura sono andato a cercare in rete qualche recensione di questo nuovissimo Montalbano e sono rimasto stupito nel
trovarle tutte positive. Addirittura un totale di 4.4 su Ibs. Sono rimasto stupito perché secondo me, pur essendo un
romanzo leggibile (per uno che non si spaventa di fronte al dialetto siciliano
strettissimo), e moderatamente piacevole, con tutta probabilità è il peggior Montalbano che mi è
capitato di leggere fino a questo momento.
E sì che io sono un
ammiratore di Salvo Montalbano e
delle sue avventure, e Andrea Camilleri
mi sta pure simpatico, anche se non ci ho mai parlato di pirsona pirsonalmente.
Ma non posso proprio tacere
di aver trovato questo romanzo scialbo e insignificante, abborracciato nella
costruzione e stereotipato come un sorriso di Berlusconi: le gag innescate da
Catarella sono fotocopiate e tirate via, dei sogni premonitori all’inizio della
narrazione ormai siamo stufi, così come siamo stufi della storia con Livia che
in questa puntata regredisce ad un livello stucchevole quale non ci si
aspetterebbe da un Montalbano nel pieno possesso delle sue doti intellettuali.
Invece di piantarla, come tutti noi ci augureremmo che facesse, il commissario
si lascia intenerire dall’abisso di disperazione nel quale la fidanzata è
caduta in seguito alla morte del figlio adottivo, fino a che lei non si
risolleva e torna ad essere allegra non per merito del suo uomo, ma grazie a…
un cane. Pur amando i cani, se fossi Montalbano questa costituirebbe una buona
occasione per un sano mavatteneunpoaff… e chi s’è visto s’è visto. E invece lui
corre a trovarli, lei e il cane, pieno d’amore e di comprensione, probabilmente
facendo contente tutte le lettrici di Camilleri situate oltre gli ‘anta.
La costruzione della storia
può anche filare, se non fosse che il lettore smaliziato si accorge
immediatamente di un particolare aspetto della vicenda (non vi posso dire
quale…) del quale il commissario si rende conto solo verso la fine del libro, e
per tutto il tempo non fa che domandarsi (il lettore): ma non lo vede?
Possibile che non se ne accorge? È talmente lampante! E finalmente anche
Montalbano ci arriva dopo una serie di illuminazioni.
Ma c’è una cosa che vi
dico, andando contro il principio che mi sono imposto di non raccontare mai la
trama di un libro: il lato peggiore del romanzo, l’errore macroscopico nel
quale è caduto Camilleri forse sentendosi forte della notorietà del suo
personaggio. Qual’è secondo voi lo sbaglio più grave che si può commettere
scrivendo un romanzo giallo?
Ve lo dico io: far
commettere l’assassinio da una persona che non è mai comparsa nel corso della
narrazione e che appare solo alla fine in tempo per prendersi la colpa. È come
se Roger Ackroyd risultasse
ammazzato da uno che passava lì per caso. Inammissibile: in un buon giallo
l’assassino deve sempre far parte
del cast dei personaggi principali ed
entrare in gioco fin dall’inizio.
Purtroppo, invece, in
questo La piramide di fango il
responsabile di tutto risulta proprio uno che compare di persona solo nelle
ultime pagine e del quale poco si era sentito parlare prima, sommando quindi un’altra
delusione alle precedenti.
Come concludere? Comunque
in fondo ci sono arrivato, e non è bastata l’insoddisfazione provata per farmi
decidere di non acquistare un prossimo Montalbano.
Ma certo che…
Il Lettore
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