martedì 10 giugno 2014

La piramide di fango

Dopo aver terminato la lettura sono andato a cercare in rete qualche recensione di questo nuovissimo Montalbano e sono rimasto stupito nel trovarle tutte positive. Addirittura un totale di 4.4 su Ibs. Sono rimasto stupito perché secondo me, pur essendo un romanzo leggibile (per uno che non si spaventa di fronte al dialetto siciliano strettissimo), e moderatamente piacevole, con tutta probabilità è il peggior Montalbano che mi è capitato di leggere fino a questo momento.


E sì che io sono un ammiratore di Salvo Montalbano e delle sue avventure, e Andrea Camilleri mi sta pure simpatico, anche se non ci ho mai parlato di pirsona pirsonalmente.
Ma non posso proprio tacere di aver trovato questo romanzo scialbo e insignificante, abborracciato nella costruzione e stereotipato come un sorriso di Berlusconi: le gag innescate da Catarella sono fotocopiate e tirate via, dei sogni premonitori all’inizio della narrazione ormai siamo stufi, così come siamo stufi della storia con Livia che in questa puntata regredisce ad un livello stucchevole quale non ci si aspetterebbe da un Montalbano nel pieno possesso delle sue doti intellettuali. Invece di piantarla, come tutti noi ci augureremmo che facesse, il commissario si lascia intenerire dall’abisso di disperazione nel quale la fidanzata è caduta in seguito alla morte del figlio adottivo, fino a che lei non si risolleva e torna ad essere allegra non per merito del suo uomo, ma grazie a… un cane. Pur amando i cani, se fossi Montalbano questa costituirebbe una buona occasione per un sano mavatteneunpoaff… e chi s’è visto s’è visto. E invece lui corre a trovarli, lei e il cane, pieno d’amore e di comprensione, probabilmente facendo contente tutte le lettrici di Camilleri situate oltre gli ‘anta.
La costruzione della storia può anche filare, se non fosse che il lettore smaliziato si accorge immediatamente di un particolare aspetto della vicenda (non vi posso dire quale…) del quale il commissario si rende conto solo verso la fine del libro, e per tutto il tempo non fa che domandarsi (il lettore): ma non lo vede? Possibile che non se ne accorge? È talmente lampante! E finalmente anche Montalbano ci arriva dopo una serie di illuminazioni.
Ma c’è una cosa che vi dico, andando contro il principio che mi sono imposto di non raccontare mai la trama di un libro: il lato peggiore del romanzo, l’errore macroscopico nel quale è caduto Camilleri forse sentendosi forte della notorietà del suo personaggio. Qual’è secondo voi lo sbaglio più grave che si può commettere scrivendo un romanzo giallo?
Ve lo dico io: far commettere l’assassinio da una persona che non è mai comparsa nel corso della narrazione e che appare solo alla fine in tempo per prendersi la colpa. È come se Roger Ackroyd risultasse ammazzato da uno che passava lì per caso. Inammissibile: in un buon giallo l’assassino deve sempre far parte del cast dei personaggi principali ed entrare in gioco fin dall’inizio.
Purtroppo, invece, in questo La piramide di fango il responsabile di tutto risulta proprio uno che compare di persona solo nelle ultime pagine e del quale poco si era sentito parlare prima, sommando quindi un’altra delusione alle precedenti.
Come concludere? Comunque in fondo ci sono arrivato, e non è bastata l’insoddisfazione provata per farmi decidere di non acquistare un prossimo Montalbano.
Ma certo che…
Il Lettore

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