L’11 aprile 2006 le forze
dell’ordine riescono ad arrestare, in un casale di campagna siciliano, Bernardo Provenzano, uno dei capi più
influenti della mafia, già condannato in contumacia per diversi omicidi ad
almeno tre ergastoli, dopo la bellezza
di 43 (quarantatre!) anni di latitanza.
E come poteva, Andrea Camilleri, lasciarsi sfuggire
l’occasione di scriverci un libro sopra?
“Voi non sapete cosa state facendo” sono le parole che
Provenzano ha detto agli agenti al momento dell’arresto. Dopodiché ha fatto
loro i complimenti e li ha seguiti senza opporre la minima resistenza. Si vede
che dopo tutto quel tempo da fuggiasco era stufo anche lui. Una volta in
carcere ha continuato a dirigere la mafia e a comunicare con i suoi adepti
tramite il sistema che adoperava già da prima, scomodo ma sicuro, farraginoso
ma preciso: lo scambio di informazioni tramite “pizzini”.
Nei suoi romanzi, Andrea Camilleri in genere tocca solo
marginalmente l’argomento “mafia”:
ad eccezione degli sparuti scambi con il vecchio capo della famiglia Sinagra (e
della mafia locale), sempre improntati al reciproco rispetto, Salvo Montalbano ha pochi se non nulli
incontri con l’universo mafioso. Anche se quasi sempre la mafia è presente in
sottofondo.
Ma questo non significa che non la conosca
bene, anzi. La sua lectio doctoralis
in occasione del conferimento della laurea honoris
causa in Psicologia applicata, clinica e della salute all’Università
dell’Aquila nel 2007 verteva proprio sulla cattura di Provenzano, e questo stesso
libro non è altro che un dizionario
nel quale, analizzando in ordine alfabetico termini che vanno da “AFFARI” a
“VOI NON SAPETE”, passando tra gli altri per “BERNARDO, SAN” e “PROSTATA” o
“PROVERBIO”, sono spiegate parole e concetti che si ripetono spesso nei “pizzini” intercorsi tra Provenzano e i
suoi interlocutori. Come del resto recita il sottotitolo del libro: Gli amici, i
nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano.
Ne emerge un panorama
dell’universo mafioso abbastanza completo e istruttivo (per un profano quale
sono), il tutto scritto rigorosamente a
macchina, dal quale si capisce come Provenzano, una volta arrivato a essere
il capo indiscusso e nonostante fosse un assassino egli stesso, abbia voluto
contrastare la strategia di terrore violento messa in atto da Toto Riina per tornare a un
comportamento mafioso più “onorevole” e blando, più all’antica, perché in fondo
tutti quegli ammazzamenti servivano a poco e non portavano vantaggi a nessuno.
La stessa accezione della
frase rivolta ai poliziotti al momento dell’arresto si può intendere come un
velato rimprovero perché arrestando lui venivano ad interrompere una strategia
in atto che dopo le morti di Falcone e Borsellino avrebbe portato a risultati
positivi anche per le forze dell’ordine, oltre che per la mafia stessa.
Svariati sono gli argomenti
trattati nei pizzini: la religione, la famiglia, i rapporti tra le persone, le
gerarchie, la politica. Vi si leggono osservazioni di vita da parte di un capo
mafia che sta percorrendo una strada ben precisa e non sempre sono facili da
decifrare e da comprendere, essendo permeati da un modo di parlare “per
sottintesi” che assomiglia a uno dei modi di parlarsi dei siciliani, per
sguardi, che vanno capiti e non spiegati. Una celiàta va compresa al volo, e guai a sbagliare interpretazione.
Nonostante io non ami molto i
libri di Camilleri senza Montalbano questo l’ho trovato interessante. Mi è
piaciuto, mi ha fatto conoscere alcuni modi di comportamento inusuali per me ma
consolidati in certi ambienti.
Leggere i pizzini originali, alcuni dei quali Camilleri riporta in fondo al libro, quello no, non è stato piacevole. Non ci si capisce nulla, sia per i sottintesi che per le sgrammaticature e per i veri e propri errori di cui sono costellati.
Leggere i pizzini originali, alcuni dei quali Camilleri riporta in fondo al libro, quello no, non è stato piacevole. Non ci si capisce nulla, sia per i sottintesi che per le sgrammaticature e per i veri e propri errori di cui sono costellati.
Di certo Bernardo Provenzano un letterato non era.
Il Lettore
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