Quando al mattino il mio editor accompagna il pargolo a scuola e
va a lavorare, per rendere i tragitti più piacevoli ascolta alla radio Il ruggito del coniglio, la
trasmissione di Marco Presta e Antonello Dose che registra una media
di ascoltatori pari a circa un milione
di persone al giorno.
Lei dice che le piace molto.
Io non l’ho sentita nemmeno una volta. Non
sopporto ascoltare la gente blaterare a vanvera di persona, figuriamoci per
radio.
Ma apprezzo l’arguzia e, così come mi ero gustato i
libri di Marco Presta (uno lo
trovate qui), ho letto con piacere
questo La rivoluzione del coniglio
del suo partner artistico.
Anche questa lettura è una dritta del mio pusher musicale che, buddista già da molti anni, sapendo della mia
curiosità intellettuale verso questa religione me lo ha consigliato per
approfondirne l’approccio.
La
rivoluzione del coniglio
in pratica è l’autobiografia di Antonello
Dose che decide, all’età di cinquantacinque anni, di raccontare di se
stesso focalizzando due aspetti fondamentali della sua esistenza: il suo
avvicinamento al buddismo e la sua omosessualità.
Devo dire che ha fatto un ottimo lavoro su entrambi i temi.
Raccontandoci null’altro che la sua vita, Dose ci spiega i molti problemi
che ha dovuto affrontare a causa della sua omosessualità e della sua
accettazione in primo luogo da parte di se stesso e quindi degli altri, e come alcuni
di questi problemi li abbia risolti con l’aiuto della pratica buddista.
“Da
molti anni pratico il buddismo di Nichiren Daishonin. Ho iniziato per
curiosità, per fiducia verso chi me ne aveva parlato e aveva insistito tanto
affinché partecipassi a una riunione in una casa privata. 'Metti dei calzini
puliti' mi disse Betta, 'ti chiederanno di togliere le scarpe.'”
Per toccare con mano ho partecipato anch’io ad alcune riunioni
buddiste ma, a parte che fortunatamente nessuno mi ha chiesto di togliermi le
scarpe, nonostante condividessi i princìpi di fondo e lo spirito che muove gli
adepti di questa religione il mio scetticismo congenito ha avuto la meglio
ancora una volta e non ho proseguito nell’approfondimento. Però riconosco che i
princìpi sono del tutto giusti, così come del resto sono quelli del Vangelo di
Gesù Cristo, e andrebbero tutti seguiti indipendentemente dalla religione che
li enuncia. Ecco, appunto, le intenzioni sono buone, peccato però che poi gli
uomini si inventino delle sovrastrutture
per tentare di ingabbiarti.
Così come è giusto seguire i
propri orientamenti sessuali
qualsiasi essi siano, a patto che si rispetti sempre il prossimo, e quindi
trovo del tutto fuori luogo qualsiasi tipo di omofobia e capisco come l’essere
additati con una qualsiasi etichetta possa dar luogo a disagi non di poco conto.
La cosa che invece non capisco, e non giustifico, è lo sfruttare le lotte per
la liberazione sessuale perché in questo momento vanno di moda, e i
pubblicitari si sentono in dovere di infilare omosessuali dappertutto.
Dose parla anche con franchezza
della sua sieropositività
ripercorrendo il cammino svolto dalla ricerca scientifica nei confronti di
questa immunodeficienza e di come, anche in questo caso, la religione lo abbia
aiutato a superare i momenti più difficili.
Un bel libro, che ho letto
con piacere, una testimonianza diretta da parte di una persona famosa e seguita
da un considerevole numero di fedelissimi.
Prima o poi dovrò riprovarci.
A recitare Daimoku, che
avevate capito?
Il Lettore
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