venerdì 21 luglio 2017

I cani lo sanno

Approfondiamo la conoscenza di Andrea Scanzi come autore di libri. Di suo ho appena finito di leggere I cani lo sanno, dall’accattivante sottotitolo (per chi ha un cane) Elogio dello sguardo rasoterra.
Penso che chiunque abbia o abbia avuto un cane sia stato prima o poi tentato di mettere nero su bianco il proprio rapporto personale con quell’essere pulcioso e sbavante ma capace di infinita devozione. Ho amici che lo hanno fatto e io stesso ho cento buone pagine pronte sulla storia del mio cane, ma quando mi metto a scrivere le altre cento che servirebbero per terminare il libro mi blocco sempre. E so bene anche il perché, ma non ve lo dico. Affari miei.
Perlomeno lasciandolo in sospeso non rischio di cadere nel melenso come fanno tutti i compagni di cani quando scrivono del proprio rapporto.
Andrea Scanzi compreso.




Per carità, non che il libro sia brutto, anzi, si legge benissimo, è scritto da professionista e spesso fa anche ridere, ma anche il giornalista non è riuscito ad evitare di cadere nelle sdolcinature e di enfatizzare non poco i sentimenti che si provano condividendo la vita con un cane, dalle gioie più elettrizzanti ai dolori più estremi, finendo inevitabilmente con il rimarcare il banale.
Un cane è pace, bussola, riferimento.”
Evidentemente, quando si intende scrivere di cani non si può fare a meno di andare sempre a finire così.
Scanzi racconta il suo rapporto a tre con le due Labrador nere con cui da qualche anno condivide la vita: Tavira e Zara, mamma e figlia, ognuna con le proprie particolari caratteristiche somatiche e caratteriali che l’autore descrive minuziosamente analizzando ogni peculiarità e trovando anche lo spazio per inserire riallacci, come suo solito, alla musica, ai fumetti, alla cinematografia e alla letteratura, non disdegnando di lanciare qualche frecciatina politica (ma questo in modesta quantità).
Ne deriva una scrittura rapida, acuta e briosa, anche piacevole, ma che man mano scade nel banale, nel già vissuto, con vicende attraverso le quali, con poche differenze, sono passati tutti i compagni di cani.
Questo indubbiamente è un sistema per suscitare empatia in un’ampia cerchia di persone, e basta guardare i commenti al capitolo del blog di Scanzi dedicato a questo testo per essere sopraffatti dal tedio suscitato dall’infinità di interventi che inneggiano a questo libro… i cui autori subito dopo si sentono in dovere di raccontare la propria vicenda personale.
E io non ne posso più del banale.
Mille volte ho pensato di buttare via le mie cento pagine e non pensarci più, ma ancora non l’ho fatto perché a tratti, rileggendole, mi faccio i complimenti da solo per quanto sono stato bravo a scriverle, ma quanto a completarle… E poi, il cane di cui parlo io si comportava più da gatto che da cane, e già questo basterebbe a uscire dal piattume. Ma va be’.
Il Lettore cinogattofilo

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