venerdì 19 agosto 2016

Nulla, solo la notte

Ho sempre detestato la dimensione onirica. Da pragmatico realista preferisco lasciare i sogni al luogo a loro più confacente, la notte, e lasciare che si dissolvano il mattino successivo. Detesto ancora di più quegli scrittori che invece i sogni li raccontano, ci scrivono sopra poesie e magari se li inventano pure perché pensano che in quel punto della narrazione un bel sogno ci può stare bene, e non parliamo poi di quelli che con un sogno premonitore risolvono qualche situazione ingarbugliata e quelli che addirittura i romanzi ce li iniziano, con un sogno.
Come in questo caso.
Che rabbia, perché avevo apprezzato molto John Williams e il suo Stoner, ma facendo partire questo Nulla, solo la notte con un sogno Williams mi ha predisposto subito in modo negativo alla lettura del seguito.




Nulla, solo la notte è l’opera prima di Williams. Pubblicato nel 1948, è quindi stato scritto quando l’autore non aveva ancora 26 anni, quasi vent’anni prima di Stoner. E questo si sente parecchio.
Non tanto nello stile già formalmente perfetto, redatto con frasi ben costruite e inappuntabili, quanto nei contenuti che quelle frasi esplicitano. Al contrario di ciò che aveva fatto splendidamente in Stoner, in questo caso Williams dice, e non mostra, insistendo nel voler raccontare al lettore in terza persona tutti i pensieri e le ragioni del comportamento del protagonista, oltre che i sogni perfino quando si lava i denti, e così facendo non permette a chi legge di calarsi nel romanzo e di esserne conquistato.
Rendendolo in pratica di una noia mostruosa che, sia pur riluttante, mi ha fatto abbandonare il volume dopo poche decine di pagine. Quando le cose che l’autore racconta non riescono a interessarti, cosa continui a fare?
Il problema è che Williams aveva già fin da giovane alcune potenzialità del grande scrittore, tra cui la perfezione convenzionale dello strato più superficiale, ma la cosa che all’epoca gli mancava era la consapevolezza del dover scrivere in modo che ciò che scrivi soddisfi qualcun altro. In pratica, non aveva esperienza, era giovane.
Da giovane magari ritieni anche che i tuoi sogni siano importanti o possano interessare qualcuno, pensi che gli ideali in cui credi siano universali e indissolubili e cerchi di convincere chiunque della loro validità, e tendi sempre a dare troppa importanza ai tuoi pensieri. Rendendo in genere illeggibili le cose che scrivi. Williams ha imparato solo dopo a operare una severa autocritica e a capire come bisogna scrivere, e lo ha dimostrato con Stoner.
Peccato, è stata una delusione, perché le aspettative per questo libro erano alte, ma non è tutta colpa di Williams: lui stesso questo romanzo lo aveva disconosciuto, quasi rinnegato  insieme ad altre sue opere giovanili, dimostrando così che da parte sua era salito su un gradino più alto dal quale era ben conscio dei suoi difetti di gioventù.
La colpa è di quei bastardi di editori che questo romanzo ce lo hanno riproposto per guadagnare qualche soldo in più sulla scia del successo di Stoner.
Il Lettore deluso

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