martedì 21 giugno 2016

Le tre minestre

Andrea Vitali questa volta esula dai suoi romanzi tipici scrivendo un racconto autobiografico imperniato sulle parenti che ha avuto vicine nel corso della sua giovinezza: tre zie che hanno avuto un ruolo sostanziale nel suo diventare uomo e che lui ha ribattezzato Le tre minestre, sfruttando l’assonanza di termini con il come esse venivano chiamate familiarmente: Le tre ministre.




Zia Cristina: Ministro degli Interni; coordina le faccende domestiche e la cucina;
Zia Colomba: Ministro dell’Agricoltura; conduce l’orto e il resto delle attività agricole e zoologiche;
Zia Paola: Ministro degli Esteri; preposta al mantenimento dei rapporti con parentela e vicinato.
L’assonanza con la minestra deriva dal fatto che questo piatto, nelle sue infinite accezioni,  era tenuto in grande considerazione per la crescita fisica e mentale di un adolescente e veniva propinato al piccolo Andrea in qualsiasi occasione.
E tanto per restare in tema di minestra, ho trovato questo racconto insipido, sciapito, come un brodetto di insulse verdure riuscito male, senza aglio o peperoncino e senza soffritto. E pure ristretto, tanto che per dare una certa corposità al volume hanno dovuto allungarlo con una serie di ricette tipiche dei luoghi natii dell’autore.
Nel ripercorrere (utilizzando diverse scorciatoie) le strade che lo hanno portato fino alla laurea in medicina, l’autore pone queste tre zie nel ruolo di protagoniste, descrivendone di ognuna le abitudini e le particolarità in una serie di raccontini imperniati principalmente sullo svolgimento del proprio ministero. Senza mai però approfondire più di tanto e tralasciando del tutto gli altri eventuali parenti a partire dai genitori che sembra non siano mai esistiti.
E i raccontini stessi sono veramente sciapi, quando non addirittura caotici e inconcludenti come ad esempio quello sul panino bianco, dapprima osannato come una rara panacea e poi lasciato morire immeritatamente in maniera insulsa. Risolverà anche un problema alle galline di zia Colomba, ma il suo destino sarebbe dovuto essere un altro.
Scritto con uno stile alquanto diverso dal solito di Vitali, questo libretto non mi è proprio piaciuto per l’intero suo noioso svolgimento e ha finito con il deludermi del tutto col finale, nel quale le zie se ne vanno al creatore in poche righe consentendo allo scrittore di laurearsi in una disciplina che all’inizio non lo attirava affatto, ma lasciandolo soprattutto libero finalmente di abbandonare le minestre per dedicarsi a piatti decisamente più soddisfacenti.
Come diceva Mafalda: “Minestra? Pfui!”.
Il Lettore 

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