Andrea
Vitali questa volta esula
dai suoi romanzi tipici scrivendo un racconto autobiografico imperniato sulle
parenti che ha avuto vicine nel corso della sua giovinezza: tre zie che hanno avuto un ruolo
sostanziale nel suo diventare uomo e che lui ha ribattezzato Le tre minestre, sfruttando l’assonanza
di termini con il come esse venivano chiamate familiarmente: Le tre ministre.
Zia Cristina: Ministro degli Interni; coordina le faccende domestiche e
la cucina;
Zia Colomba: Ministro dell’Agricoltura; conduce l’orto e il resto delle
attività agricole e zoologiche;
Zia Paola: Ministro degli Esteri; preposta al mantenimento dei rapporti
con parentela e vicinato.
L’assonanza con la minestra deriva dal fatto che questo
piatto, nelle sue infinite accezioni, era tenuto in grande considerazione per la
crescita fisica e mentale di un adolescente e veniva propinato al piccolo
Andrea in qualsiasi occasione.
E tanto per restare in tema
di minestra, ho trovato questo racconto insipido,
sciapito, come un brodetto di insulse verdure riuscito male, senza aglio o peperoncino e senza
soffritto. E pure ristretto, tanto che per dare una certa corposità al volume
hanno dovuto allungarlo con una serie di ricette
tipiche dei luoghi natii dell’autore.
Nel ripercorrere (utilizzando
diverse scorciatoie) le strade che lo hanno portato fino alla laurea in
medicina, l’autore pone queste tre zie nel ruolo di protagoniste, descrivendone di ognuna le abitudini e le
particolarità in una serie di raccontini imperniati principalmente sullo
svolgimento del proprio ministero. Senza
mai però approfondire più di tanto e tralasciando del tutto gli altri eventuali
parenti a partire dai genitori che sembra non siano mai esistiti.
E i raccontini stessi sono
veramente sciapi, quando non
addirittura caotici e inconcludenti come ad esempio quello sul panino bianco, dapprima osannato come
una rara panacea e poi lasciato morire immeritatamente in maniera insulsa.
Risolverà anche un problema alle galline di zia Colomba, ma il suo destino sarebbe
dovuto essere un altro.
Scritto con uno stile
alquanto diverso dal solito di Vitali, questo libretto non mi è proprio piaciuto per l’intero suo noioso svolgimento e ha
finito con il deludermi del tutto col finale, nel quale le zie se ne vanno al
creatore in poche righe consentendo allo scrittore di laurearsi in una
disciplina che all’inizio non lo attirava affatto, ma lasciandolo soprattutto libero finalmente di abbandonare le
minestre per dedicarsi a piatti decisamente più soddisfacenti.
Come diceva Mafalda: “Minestra? Pfui!”.
Il Lettore
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