Cosa fanno diecimila avvocati in fondo al mare? Un buon inizio.
Lo so, è vecchia, ma è sempre
la prima cosa che mi viene in mente
quando sento parlare di avvocati. Oltre a spiegare uno dei perché dell’affermazione
precedente, anche quest’altra è carina:
“Oggi me ne hanno detta una buona sugli avvocati. Ti piacerà. Dunque, un
avvocato e un ingegnere sono alle Maldive, in spiaggia, che sorseggiano un
cocktail. L’avvocato dice: «Io sono qui perché la mia casa è bruciata e con lei
tutto ciò che possedevo. La mia assicurazione ha pagato e ho cambiato vita».
L’ingegnere risponde: «Ma guarda la coincidenza. Io sono qui perché la mia casa
e tutti i miei beni sono stati distrutti da un’inondazione. La mia
assicurazione ha pagato e ho cambiato vita anch’io». L’avvocato assume un’aria
perplessa. «C’è una cosa che non capisco». «Cosa?» gli chiede l’ingegnere.
«Come diavolo hai fatto a provocare l’inondazione?»”
Il brano è tratto dalla
quinta avventura di Guido Guerrieri,
l’avvocato boxeur frutto della penna
del magistrato Gianrico Carofiglio,
uscita nel 2014 col titolo La regola
dell’equilibrio. A testimoniare che l’autore possiede una buona dose di autoironia che permette al romanzo di
essere anche simpatico e divertente.
Con questo libro ho bissato la quantità di tempo sottratta
al sonno a causa dell’ultimo Montalbano. Letto in due sere tirando tardi
entrambe le volte senza crollare con la faccia sulle pagine, ad onta dei sia
pur lunghi brani in cui Carofiglio sfoggia il suo background professionale approfondendo non poco i tecnicismi
giuridici e gli iter procedurali.
Al di là di questo, e
considerando poi che anche queste prolisse digressioni sono interessanti e
godibilissime, il romanzo si legge veramente bene grazie anche al raccontare in prima persona di Guerrieri, che esce spesso dal seminato con escursioni nel quotidiano e nelle
proprie riflessioni di quarantott’enne parzialmente deluso dalla vita con
esperienze alle spalle che lo permeano di un’amarezza di fondo solo
parzialmente occultata dall’arguzia che lascia fuoriuscire all’esterno. In
altre precedenti avventure di Guerrieri avevo trovato che molte di queste
digressioni apparivano leggermente forzate, quasi fossero servite solo ad
allungare il numero di pagine del libro, mentre stavolta non ho avuto la stessa
impressione e il tutto mi è parso coerente, se non sempre con la trama del
libro quanto con la psicologia del personaggio e i suoi dubbi.
Sì, perché il romanzo tratta
essenzialmente di dubbi: su di sé, sulla vita in genere, sui trascorsi di
ognuno, di scelte su cosa sia giusto o non giusto fare, e di quanto queste
scelte ti costringano sempre a camminare in equilibrio sulla lama di rasoio
della vita.
Guido
Guerrieri è chiamato a
dover difendere un amico, un giudice
importante accusato di corruzione, e si accinge al compito con la consueta
serietà che lo ha sempre contraddistinto. Ma il caso lo porterà a riflettere,
rendendone partecipe il lettore, sui temi generali dell’etica, della
deontologia professionale e di quanto quest’ultima possa essere interpretata in
modo elastico fino ad entrare in conflitto con le proprie radicate convinzioni.
Fanno di contorno al caso un
gruppo di personaggi che Carofiglio
sa rendere interessanti: la bella
investigatrice Annapaola che di
notte gira con una mazza da baseball
nella sacca, e il suo gatto Gatto,
che come gatto (perdonate la ridondanza) assomiglia più a una lince che a un maine coon; l’amico poliziotto Carmelo, il libraio/barista Ottavio; le anziane letterate piacevoli
incontri di una sera.
E resta simpatico pure Sacco, l’inanimato assorbitore di
cazzotti appeso al centro della sala con il quale Guerrieri intrattiene piacevoli
conversazioni fatte di sventole e riflessioni, alle quali l’attrezzo sembra
partecipare con cognizione di causa, come un amico compreso del proprio ruolo.
Il Lettore
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