martedì 5 maggio 2015

I gatti ci guardano

Questo è un post che avrebbe potuto scrivere il mio amico blogger de I gatti di Monte Malbe, visto che è perennemente tenuto d’occhio dall’ottantina di amici pulciosi che tutti i giorni aspettano con ansia che lui porti loro da mangiare.
Ma anche se quello dei gatti sarebbe il campo suo, la recensione di questo romanzo è meglio che l’abbia fatta io.
La ragione è semplice: scrivo molto meglio di lui. Hi! Hi! Hi!




Amando i gatti, quando ho trovato questo libro nella libreria di mia suocera non ho potuto fare a meno di prenderlo e leggerlo. Che poi (delusione!) non è che i gatti siano i protagonisti di questo romanzo uscito nel 1956, tanto è vero che l’editore Garzanti ne ha ripubblicato nel 1966 una nuova traduzione con il titolo Sotto la rete (riprendendone il titolo originale in lingua inglese Under the net). Ora, tra i due titoli italiani non riesco a decidere quale sia il meno appropriato per questo romanzo: nel suo svolgimento i gatti sono nominati solo molto marginalmente, e non sono riuscito proprio a capire che nesso ci sia tra il contenuto del romanzo e la metafora della rete.  Bah, i soliti misteri editoriali.
Iris Murdoch, oltre ad essere stata innamorata (a senso unico) per lungo tempo di Raymond Queneau, è stata impegnata per quarant’anni nella scrittura di molti romanzi e saggi a carattere filosofico, e questo Under the net è stato inserito all’interno della Top 100 dei migliori romanzi in lingua inglese del ventesimo secolo.
Forse bisognerebbe leggerlo in lingua originale per capire le motivazioni di questo riconoscimento, perché sì, il romanzo è anche abbastanza piacevole da leggere, ma non mi sembra che possieda tutti questi aspetti positivi necessari a un inserimento del genere. Con questo non voglio dire che la traduzione faccia schifo, anzi, sicuramente è stato fatto un buon lavoro e anche in italiano la prosa scorre fluida, ma forse in inglese c’è quel quid in più che in un’altra lingua viene perduto.
La vicenda è quella un po’ paradossale di uno squattrinato traduttore che in  pratica vive di parassitismo, con amori non esplicitati e amicizie quanto meno bizzarre. Non esiste una trama vera e propria, quanto piuttosto l’illustrazione di un breve periodo della vita del protagonista, che dopo aver passato diverse avventure per trovare perlomeno un posto dove andare a dormire, decide di restare un felice squattrinato piuttosto che tradire i propri aleatori principi. Il tono richiama alla lontana i romanzi di Wodehouse senza calcare la mano, ma a volte la Murdoch insiste un po’ troppo sulle indecisioni del protagonista fino a far assumere al ritmo un andamento piuttosto soporifero.
Be’, speravo ci fossero più gatti di mezzo, e nonostante la buona prosa non è che il romanzo mi abbia proprio entusiasmato. Per sentir parlare di gatti mi toccherà di continuare a collegarmi a I gatti di Monte Malbe
Il Lettore

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