Nel corso dei soliti scambi mattutini, il solito
Sergio (il nome è fittizio – NdA) l’altro giorno mi ha consegnato questo
romanzo. Com’è? gli ho chiesto. Mah, non un gran ché, mi ha risposto. E allora che me lo dai a fare? ho
commentato. Vedi tu, mi pareva che
ultimamente stroncassi meno del solito, ha ribattuto. Grazie comunque, ma già mi hai fatto penare con Acciaio… gli ho fatto notare. A me quello era piaciuto, ha concluso.
E quando fanno così che gli
dici? Contenti loro…
Ma perlomeno intanto mi
aveva avvertito, e di conseguenza mi sono apprestato alla lettura tenendo alto
il grado di scetticismo, incrementato dal fatto che anche in questo caso siamo
in presenza dell’ennesimo magistrato
che si mette a scrivere romanzi, a consolidare il concetto che se giudicassero
di più e scrivessero di meno forse i tempi dei processi ne risulterebbero un
pochino più accelerati. E la letteratura non è che ci perderebbe poi molto.
Intendiamoci, si lascia
leggere anche, ma Un mattino d’ottobre
mi è sembrato un romanzo miserino con una trama abborracciata sulla falsa riga
ampiamente scontata degli omicidi plurimi per depistaggio, con personaggi
stereotipati e scenette già scritte un’infinità di volte da autori nettamente
più interessanti.
Magari lo stile della
scrittura può anche passare, tanto è vero che sono riuscito ad arrivare in
fondo, ma le due cose che mi hanno dato più fastidio sono che il deus ex machina della situazione compare
solo a metà libro e che i poliziotti ci fanno la figura, decisamente poco
credibile, dei perfetti imbecilli. D’accordo che Gianni Simoni è un magistrato e deve tenere alto l’onore della
categoria, ma a me sembra veramente inverosimile che un’intera squadra
investigativa brancoli nel buio per metà libro, “scordandosi” inesplicabilmente
di applicare tecniche di indagine che sarebbero state messe in atto anche da un
bambino di otto anni, e quando arriva questo giudice in pensione li mette tutti
in riga e risolve il caso in una volata. Alé, ghe pensi mì, risolto, tutti a casa! Ma dài, su, ma dove siamo?
Nemmeno nei gialli per ragazzi. Senza contare parecchie altre incongruenze di
minor rilevanza sparse qua e là, i soliti amori sbocciati per colorare un po’
la faccenda e una poliziotta dall’intelligenza sopra la media (copiata pari
pari dalla Petra Delicado della
Bartlett) messa lì per rispettare le quote
rosa.
La cosa che del libro mi ha
colpito di più sono state le quattro righe inneggianti al Vergogna di Coetzee: perlomeno si vede che l’autore sa apprezzare
un buon romanzo.
Mah. Dimentichiamo e
andiamo oltre.
Il Lettore
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