venerdì 27 febbraio 2015

Un mattino d’ottobre

Nel corso dei soliti scambi mattutini, il solito Sergio (il nome è fittizio – NdA) l’altro giorno mi ha consegnato questo romanzo. Com’è? gli ho chiesto. Mah, non un gran ché, mi ha risposto. E allora che me lo dai a fare? ho commentato. Vedi tu, mi pareva che ultimamente stroncassi meno del solito, ha ribattuto. Grazie comunque, ma già mi hai fatto penare con Acciaiogli ho fatto notare. A me quello era piaciuto, ha concluso.
E quando fanno così che gli dici? Contenti loro…




Ma perlomeno intanto mi aveva avvertito, e di conseguenza mi sono apprestato alla lettura tenendo alto il grado di scetticismo, incrementato dal fatto che anche in questo caso siamo in presenza dell’ennesimo magistrato che si mette a scrivere romanzi, a consolidare il concetto che se giudicassero di più e scrivessero di meno forse i tempi dei processi ne risulterebbero un pochino più accelerati. E la letteratura non è che ci perderebbe poi molto.
Intendiamoci, si lascia leggere anche, ma Un mattino d’ottobre mi è sembrato un romanzo miserino con una trama abborracciata sulla falsa riga ampiamente scontata degli omicidi plurimi per depistaggio, con personaggi stereotipati e scenette già scritte un’infinità di volte da autori nettamente più interessanti.
Magari lo stile della scrittura può anche passare, tanto è vero che sono riuscito ad arrivare in fondo, ma le due cose che mi hanno dato più fastidio sono che il deus ex machina della situazione compare solo a metà libro e che i poliziotti ci fanno la figura, decisamente poco credibile, dei perfetti imbecilli. D’accordo che Gianni Simoni è un magistrato e deve tenere alto l’onore della categoria, ma a me sembra veramente inverosimile che un’intera squadra investigativa brancoli nel buio per metà libro, “scordandosi” inesplicabilmente di applicare tecniche di indagine che sarebbero state messe in atto anche da un bambino di otto anni, e quando arriva questo giudice in pensione li mette tutti in riga e risolve il caso in una volata. Alé, ghe pensi mì, risolto, tutti a casa! Ma dài, su, ma dove siamo? Nemmeno nei gialli per ragazzi. Senza contare parecchie altre incongruenze di minor rilevanza sparse qua e là, i soliti amori sbocciati per colorare un po’ la faccenda e una poliziotta dall’intelligenza sopra la media (copiata pari pari dalla Petra Delicado della Bartlett) messa lì per rispettare le quote rosa.
La cosa che del libro mi ha colpito di più sono state le quattro righe inneggianti al Vergogna di Coetzee: perlomeno si vede che l’autore sa apprezzare un buon romanzo.
Mah. Dimentichiamo e andiamo oltre.
Il Lettore 

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