sabato 6 settembre 2014

L’ultimo re

Ben ritrovati a tutti! In questi cinque giorni di vacanza (più due di viaggio di cui ben 28 ore complessive di traghetto…) ho letto quattro romanzi, un libro di memorie e una raccolta di situazioni che avrebbero voluto essere umoristiche e in qualche caso sono anche riuscite a strapparmi un sorrisetto. Sei libri in sette giorni, bella media. Cosa c’è di meglio di un buon libro per farti passare in modo più sopportabile il tedio del traghetto e la noia della spiaggia? Nei prossimi giorni vi darò resoconto di tutto.

Cominciamo con questo L’ultimo re, di Bernard Cornwell, un romanzo storico ambientato nel nono secolo dopo Cristo in un Inghilterra che ancora non aveva questo nome, fatta oggetto di conquista dai temuti e leggendari vichinghi.


Non conoscevo Bernard Cornwell, e quando me ne hanno parlato bene mi si è innescata subito la curiosità di approfondire: ho scoperto così che è un prolifico e apprezzato autore di romanzi storici, dei quali in giro per la rete si trovano recensioni unanimemente entusiastiche. In effetti questo L’ultimo re, che è il primo volume della serie che racconta la cronaca dei re sassoni, è un romanzo scritto bene e piacevole da leggere, il cui maggior pregio secondo me è la coerenza: Cornwell ti conduce in un mondo di 1200 anni fa con competenza e rigore storico, senza mai incorrere in castronerie che manderebbero all’aria il patto di sospensione dell’incredulità. Per fare un paragone azzardato, non vi sono orologi al polso della comparsa nella parte del centurione in un film su Giulio Cesare.
Adottando il pretesto di raccontare il tramutarsi in uomo di un nobile adolescente, Cornwell descrive nel dettaglio la situazione storica di una terra senza ancora quell’unità che la contraddistinguerà in futuro, e nella quale si succedono invasori che ne vorrebbero fare la propria residenza permanente. Dal panorama storico ai particolari delle armi, del cibo, del vestiario e delle abitudini, l’autore dipinge un mondo in un momento di cambiamenti epocali, un mondo fatto di piccole enclavi separate all’indomani dell’abbandono di quelle terre da parte dei romani che vi avevano imperato per secoli, di piccoli staterelli separati il cui suolo fertile faceva gola a popoli senza una terra produttiva né un clima adeguato a poterla coltivare.  Oggi sappiamo già che i danesi, i cosiddetti “vichinghi”, non riuscirono a conquistare la Gran Bretagna, e questa serie di libri ci aiuta a capirne il perché.
Il libro è scritto con brio e con mestiere: attraverso le avventure del protagonista, molto spesso condite di sangue, lotte, battaglie, tradimenti, riscatti e apoteosi finale, Cornwell riesce benissimo ad affrescare un momento storico fornendo diverse ore di piacevole ed istruttiva lettura, seguendo la scia di altri autori che si sono cimentati con successo nello stesso genere: al momento mi vengono in mente il Ken Follett de I pilastri della terra, o per restare in casa nostra il Valerio Massimo Manfredi de L’ultima legione.
L’unica cosa che non ho capito è la seguente: perché intitolarlo L’ultimo re quando il romanzo tratteggia le gesta del primo re riconosciuto della futura Inghilterra? La risposta è insita nell’ignoranza dei responsabili delle case editrici (in questo caso Longanesi per la prima edizione italiana e TEA per le successive): il titolo originale del romanzo è The last Kingdom, che tradotto letteralmente sarebbe L’ultimo regno. In questa veste un senso si potrebbe anche trovare, individuando quell’ultimo regno nella forma di governo di uno degli staterelli inglesi più potenti al tempo dell’invasione danese, ma chi ha deciso il titolo dell’edizione italiana ha dimostrato così di non aver nemmeno letto il romanzo.
In che mani…
Il Lettore

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