lunedì 8 settembre 2014

Ingredienti per una vita di formidabili passioni

Ho letto diversi libri di Luis Sepulveda, a partire da quel Il vecchio che leggeva romanzi d’amore con il quale lo scrittore cileno è diventato famoso, e devo dire che nella maggior parte dei casi i suoi scritti mi sono piaciuti, forse perché ho trovato nel loro stile un allontanamento da quella matrice sudamericana che in diversi altri autori mi annoia verso una tecnica più marcatamente europea, e questo probabilmente a causa dell’esilio al quale Sepulveda è stato costretto e che gli ha fatto passare una buona parte della sua vita al di fuori della sua patria.


Diciamo subito che questo Ingredienti per una vita di formidabili passioni non è un romanzo, ma una serie di considerazioni dell’autore sulla propria vita e su fatti che gli sono successi. Una specie di biografia in 27 capitoli, dalla passione adolescenziale per il calcio e i primi innamoramenti, attraverso l’impegno politico e l’amicizia con poeti e scrittori, alle lotte dalla parte dei lavoratori contro il capitalismo e i distruttori dell’ambiente, per finire con il ritorno in famiglia a gioire di figli e nipoti.
Be’, certo, quando uno conosce Salvador Allende, cresce con Pablo Neruda, dialoga con Josè Saramago, è amico di Gabriel Garcia Màrquez, riceve lezioni di sceneggiatura da Tonino Guerra e conduce una vita impegnata in viaggio per mezzo mondo, è facile che di fatti che interessano i lettori ne abbia diversi da raccontare, ma in ogni caso bisogna sempre saperlo fare, e si deve ammettere che Sepulveda lo sa fare talmente bene che molto spesso durante la lettura ci si sente indignati, oserei dire incazzati neri, per come l’autore dipinge le situazioni politiche, a partire da quella cilena fino a quella spagnola (sembra di essere in Italia, ma lasciamo perdere la politica che il lettore eccetera eccetera). Sepulveda attacca senza pietà i regimi totalitari, i politicanti corrotti, le multinazionali che rigirano i governi come pare a loro (vedi il termine “politicanti corrotti”), i criminali distruttori dell’ambiente e tutti coloro che sfruttano il lavoro altrui, e proprio a riguardo di quest’ultimo punto l’autore insiste sul significato del proprio lavoro, svolto in nome del lavoratore umile e sconosciuto, quel “fare letteratura” che dovrebbe significare il dare voce a chi non ha voce.
Le riflessioni sulla crisi economica e sulle sue cause sono istruttive e i ricordi della dittatura subìta dai suoi compatrioti angoscianti, ma nel resoconto c’è posto anche per le gioie che si possono trovare in seno alla famiglia, o per le bellezze struggenti del deserto di Atacama, o per la dolcezza del ricordo di un amico a quattro zampe o dei primi amori.
Insomma, con questo libro di ricordi si ride (poco), ci si commuove (un po’ di più), ci si incazza (spesso), e si impara qualcosa. Molto meglio di una gabbianella e di un gatto qualsiasi.
Il Lettore

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