giovedì 20 marzo 2014

Una tranquilla domenica di sangue

L’altro giorno ho ricevuto una singolare mail della quale vi riporto uno stralcio:
Egregio Direttore del Blog (sic), è da qualche tempo che seguo le Sue recensioni e mi sono permesso di scriverLe per consentirLe di poter finalmente ottimizzare la qualità dei Suoi interventi. In linea di massima mi trovo per lo più d’accordo con le Sue considerazioni critiche riguardo alcune pubblicazioni (ho apprezzato in particolare la Sua stroncatura della barbara maniera con la quale Licia Colò sviluppa un argomento importante come quello dei Gatti), ma il modo con cui Ella (sic) tratta argomenti così interessanti potrebbe essere suscettibile di sostanziali miglioramenti. Certo di farLe cosa gradita, La invito a permettermi di collaborare al Suo Blog con la recensione che Le allego, in modo da innalzare così il tono della discussione. Distinti saluti, Prof. Pallucchino. PS: Le fornisco anche un mio ritratto, con il quale sono certo Ella vorrà adornare il mio modesto contributo.

Sono allibito. E il “ritratto” eccolo:


Dev’essere uno scherzo, mi sono detto; poi sono andato ad aprire l’allegato e ci ho trovato una recensione in piena regola, apparentemente di un romanzo dal titolo Una tranquilla domenica di sangue. Queste  parole hanno risvegliato qualcosa che assopiva tra i miei neuroni sovraccarichi. Sono andato a scartabellare digitalmente tra la marea di manoscritti scartati sepolti nel mio hard disk e ho esultato (è un eufemismo…) quando ho trovato il file dallo stesso titolo che mi era stato spedito tempo fa da tale S.P. con una richiesta di valutazione. File che avevo letto quasi fino in fondo e subito dopo dimenticato senza darmi nemmeno la pena di rispondere all’autore: a buon intenditor poche parole.
Guarda che coincidenza, ho pensato, ma ciò è bastato per spingermi a leggere la recensione nonostante il tono saccente della mail. Con sorpresa, ho riscontrato che il parere sancito da questo Professor Pallucchino (chissà di chi sarà lo pseudonimo… con quella foto, poi…) concorda pienamente con ciò che avevo pensato durante il tentativo di lettura del manoscritto, e ho deciso su due piedi di inaugurare le collaborazioni esterne a questo blog riportando integralmente il contributo che mi è pervenuto.
Visto che l’opera di cui si tratta è un inedito e quindi non potete conoscere la trama del racconto, ve ne fornisco la sinossi elaborata dallo stesso autore:
“La Colonia felina di Montelepre è travolta dai problemi. Cani randagi assassini fanno strage di gatti, un vecchio, ma non meno pericoloso, nemico che ritorna e la depressione dell’umano che accudisce i mici abbandonati al loro destino a causa di difficoltà finanziarie. Tutto sembra perduto e la Colonia è a un passo dallo sfacelo quando Tazza, il gatto Capocolonia, decide di sostenere psicologicamente il suo amico umano depresso. Contemporaneamente un quadruplice omicidio viene perpetrato nei pressi della Colonia. Un fatto tragico che stravolgerà gli eventi.”
E a detta del Professor Pallucchino lo svolgimento di tale vicenda è stato letto a voce alta alla conclave di mici della colonia I gatti di Monte Malbe proprio dal capocolonia,  il micione Tazza immortalato nella foto seguente, che per strana coincidenza assume anche la parte del Narratore interno alla storia nel romanzucolo di cui si tratta.


A quanto pare, il Professor Pallucchino sembra rivestire il ruolo del Letterato della Colonia, e del romanzino incriminato mi fornisce questa critica:
“Io gli umani non li capirò mai: si mettono a scrivere romanzetti e fanno pure finta che a narrare i fatti siamo noi Gatti. E non fanno altro che parlare dei loro problemi: droga, ammazzamenti e soldi, soldi, sempre soldi. Mica si mangiano, i soldi! Almeno scrivessero di cose interessanti! Che ne so, qualcosa su noi Gatti, per esempio. Mah!
Questo romanzaccio che ci ha letto Tazza (che poi sotto sotto non sono mica sicuro che non l’abbia scritto davvero lui…) è servito solo a tener buona Littorina per un po’. Quanto a valore letterario… be’, per una volta, ma solo per una volta, lasciatemelo dire, quasi quasi mi ha fatto rimpiangere quel mollaccione insopportabile di Fabio Volo.
Primo, la trama è trita e ritrita, scialba e scarna: dal punto di vista felino non succede nulla di rilevante fatta salva la partecipazione sostanziale di alcuni di noi alla risoluzione (scontata) della vicenda, della quale peraltro nessuno di noi è responsabile. Faccende di umani, e per questo insignificanti.
Secondo, troppi personaggi umani e pochi Gatti, le cui peculiarità non emergono come si sarebbero meritati. Inoltre, agli umani poliziotti l’Autore fa fare la figura dei cani (Ha! Ha! Ha! Buona questa!), mentre solo l’umano detto “Il Capo” sembra emergere quanto a carattere, il ché mi fa pensare ad uno spudorato narcisismo autobiografico.
Stile: ci sono veramente troppi dialoghi in umanese, sembra un testo scritto per il teatro! È vero che il tutto scorre benino, ma le risicate descrizioni non permettono di focalizzare al meglio i nostri luoghi. I Luoghi Gatteschi, intendo dire.
Leggibilità: sì… tutto sommato buona… (anche se l’interpretazione di Tazza lascia molto a desiderare), ma si poteva senz’altro fare di meglio.
In definitiva un testo banale, superficiale, prolisso e totalmente inutile per la superiore causa di noi Gatti.
Firmato: Professor Pallucchino.
Ricordando la lettura da me fatta del manoscritto, mi trovo con stupore a concordare con questo ignoto critico letterario, e di conseguenza acconsento volentieri all’inizio di una collaborazione che spero possa rivelarsi proficua.
Lo Scrittore & Pallucchino

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