L’altro giorno ho ricevuto una singolare mail della quale vi riporto uno stralcio:
“Egregio Direttore del Blog (sic), è da qualche tempo che seguo le Sue
recensioni e mi sono permesso di scriverLe per consentirLe di poter finalmente ottimizzare
la qualità dei Suoi interventi. In linea di massima mi trovo per lo più
d’accordo con le Sue considerazioni critiche riguardo alcune pubblicazioni (ho
apprezzato in particolare la Sua stroncatura della barbara maniera con la quale
Licia Colò sviluppa un argomento importante come quello dei Gatti), ma il modo
con cui Ella (sic) tratta argomenti
così interessanti potrebbe essere suscettibile di sostanziali miglioramenti.
Certo di farLe cosa gradita, La invito a permettermi di collaborare al Suo Blog
con la recensione che Le allego, in modo da innalzare così il tono della
discussione. Distinti saluti, Prof. Pallucchino. PS: Le fornisco anche un mio ritratto,
con il quale sono certo Ella vorrà adornare il mio modesto contributo.”
Sono allibito. E il
“ritratto” eccolo:
Dev’essere uno scherzo, mi
sono detto; poi sono andato ad aprire l’allegato e ci ho trovato una recensione
in piena regola, apparentemente di un romanzo dal titolo Una tranquilla domenica di sangue. Queste parole hanno risvegliato qualcosa che assopiva
tra i miei neuroni sovraccarichi. Sono andato a scartabellare digitalmente tra
la marea di manoscritti scartati
sepolti nel mio hard disk e ho
esultato (è un eufemismo…) quando ho trovato il file dallo stesso titolo che mi era stato spedito tempo fa da tale S.P. con una richiesta di valutazione. File che avevo letto quasi
fino in fondo e subito dopo dimenticato senza darmi nemmeno la pena di rispondere
all’autore: a buon intenditor poche parole.
Guarda che coincidenza, ho
pensato, ma ciò è bastato per spingermi a leggere la recensione nonostante il
tono saccente della mail. Con
sorpresa, ho riscontrato che il parere sancito da questo Professor Pallucchino (chissà di chi sarà lo pseudonimo… con quella
foto, poi…) concorda pienamente con ciò che avevo pensato durante il tentativo
di lettura del manoscritto, e ho deciso su due piedi di inaugurare le
collaborazioni esterne a questo blog
riportando integralmente il contributo che mi è pervenuto.
Visto che l’opera di cui si
tratta è un inedito e quindi non potete conoscere la trama del racconto, ve ne
fornisco la sinossi elaborata dallo stesso autore:
“La Colonia felina di Montelepre è travolta dai problemi.
Cani randagi assassini fanno strage di gatti, un vecchio, ma non meno pericoloso,
nemico che ritorna e la depressione dell’umano che accudisce i mici abbandonati
al loro destino a causa di difficoltà finanziarie. Tutto sembra perduto e la
Colonia è a un passo dallo sfacelo quando Tazza, il gatto Capocolonia, decide
di sostenere psicologicamente il suo amico umano depresso. Contemporaneamente
un quadruplice omicidio viene perpetrato nei pressi della Colonia. Un fatto
tragico che stravolgerà gli eventi.”
E a detta del Professor Pallucchino lo svolgimento di
tale vicenda è stato letto a voce alta alla conclave di mici della colonia I gatti di Monte Malbe proprio dal
capocolonia, il micione Tazza immortalato nella foto seguente,
che per strana coincidenza assume anche la parte del Narratore interno alla storia nel romanzucolo di cui si tratta.
A quanto pare, il Professor Pallucchino sembra rivestire
il ruolo del Letterato della Colonia,
e del romanzino incriminato mi fornisce questa critica:
“Io
gli umani non li capirò mai: si mettono a scrivere romanzetti e fanno pure
finta che a narrare i fatti siamo noi Gatti. E non fanno altro che parlare dei loro
problemi: droga, ammazzamenti e soldi, soldi, sempre soldi. Mica si mangiano, i
soldi! Almeno scrivessero di cose interessanti! Che ne so, qualcosa su noi
Gatti, per esempio. Mah!
Questo
romanzaccio che ci ha letto Tazza (che poi sotto sotto non sono mica sicuro che
non l’abbia scritto davvero lui…) è servito solo a tener buona Littorina per un
po’. Quanto a valore letterario… be’, per una volta, ma solo per una volta,
lasciatemelo dire, quasi quasi mi ha fatto rimpiangere quel mollaccione insopportabile
di Fabio Volo.
Primo,
la trama è trita e ritrita, scialba e scarna: dal punto di vista felino non
succede nulla di rilevante fatta salva la partecipazione sostanziale di alcuni
di noi alla risoluzione (scontata) della vicenda, della quale peraltro nessuno
di noi è responsabile. Faccende di umani, e per questo insignificanti.
Secondo,
troppi personaggi umani e pochi Gatti, le cui peculiarità non emergono come si
sarebbero meritati. Inoltre, agli umani poliziotti l’Autore fa fare la figura
dei cani (Ha! Ha! Ha! Buona questa!), mentre solo l’umano detto “Il Capo”
sembra emergere quanto a carattere, il ché mi fa pensare ad uno spudorato
narcisismo autobiografico.
Stile:
ci sono veramente troppi dialoghi in umanese, sembra un testo scritto per il
teatro! È vero che il tutto scorre benino, ma le risicate descrizioni non
permettono di focalizzare al meglio i nostri luoghi. I Luoghi Gatteschi,
intendo dire.
Leggibilità:
sì… tutto sommato buona… (anche se l’interpretazione di Tazza lascia molto a
desiderare), ma si poteva senz’altro fare di meglio.
In
definitiva un testo banale, superficiale, prolisso e totalmente inutile per la superiore
causa di noi Gatti.
Firmato:
Professor Pallucchino.”
Ricordando la lettura da me
fatta del manoscritto, mi trovo con stupore a concordare con questo ignoto critico
letterario, e di conseguenza acconsento volentieri all’inizio di una
collaborazione che spero possa rivelarsi proficua.
Lo Scrittore & Pallucchino
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