Giulio
Mozzi, nel suo (Non) un corso di scrittura e narrazione,
riporta un brano di Annamaria Testa
tratto da Le vie del senso: “Prestare una giusta attenzione alla forma
nella quale si trasmettono i testi (…) potrebbe (dovrebbe?) essere il segno di
un’altrettanto giusta attenzione alla sostanza. A volte, invece, si tende a
considerare la forma tanto più disprezzabile o irrilevante quanto più i
contenuti sono, o vogliono essere fondamentali. E’ un’ingenuità che si può
pagare cara”.
La pena è la sospensione definitiva
della lettura da parte del Valutatore della Casa Editrice. Pena capitale,
oserei dire.
E Mozzi
commenta: “Non ho potuto fare a meno di
pensare, leggendo quel bel libretto, ai dattiloscritti in attesa di lettura che
sono impilati qui, a destra del tavolo sul quale sto scrivendo. Di quei
dattiloscritti, alcuni mi sembrano addirittura impossibili da leggere. Corpi
piccolissimi, margini inesistenti, font bizzarri, impaginazioni irregolari. (…)
Di fronte a un dattiloscritto semplicemente illeggibile, la mia domanda è «Ma
questa persona, vuole davvero farsi leggere?»”.
Come li capisco!
Io stesso scrivevo in questo post: “Se siete proprio convinti, allora il passo successivo è impaginare la vostra opera in modo che
sia un piacere leggerla (ad uso pressoché esclusivo di un eventuale
Valutatore): caratteri sufficientemente grandi, righe ben spaziate, margini
ampi sia di lato che sopra e sotto il testo. Questo è facile, basta ricalcare
una qualsiasi pagina di un romanzo in una buona edizione. Ma fatelo, renderete
la lettura più piacevole a colui che dovrà giudicare l’opera e lo predisporrete
in modo positivo. Non fate l’errore di sottovalutare questo aspetto”.
Ma tutti coloro che leggono
manoscritti inediti sanno per esperienza come una mole considerevole di
materiale arrivi invece redatta in maniera illeggibile, sia perché compressa
nel foglio come gli schizzi in una tela di Pollock, sia a causa di refusi ed
errori ortografici. Per non parlare poi dei contenuti.
Personalmente mi si fa male
quando sono costretto a leggere un Times
New Roman corpo 9 a interlinea singola che riempie una pagina senza margini
con più di 900 parole (5400 caratteri!): mi indispone all’impatto, prima ancora
di cominciare a leggere la prima riga. Mi irrita, e questo non significa
esattamente che sono nello stato d’animo adatto a giudicare benevolmente lo scritto. Tra l’altro,
una tale impaginazione significa che l’autore non ha nemmeno riletto il proprio testo, altrimenti si sarebbe
accorto della difficoltà di lettura in cui si stava impelagando, e da ciò
deriva che il testo sarà anche pieno zeppo di errori di qualsiasi tipo. Ne
consegue che quell’autore il proprio testo non lo ama neanche abbastanza da
controllarlo e dotarlo di un minimo di qualità estetica, non parliamo
dell’averselo gustato per se stesso.
Ma come? Tu stesso non lo
ami e pretendi che qualcun altro debba leggerlo?
Il Valutatore
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