lunedì 24 marzo 2014

Billy – Il vizio di leggere

Proprio dopo il dolce domenicale, oggi (ieri, per voi) mi è capitato di vedere questa trasmissione di Rai Uno in coda al telegiornale delle tredici, condotta da uno di cui non mi è mai interessato sapere il nome e che parla di libri. Di certo una delle poche in televisione che trattano l’argomento. Un’altra è Per un pugno di libri di Rai Tre, nella quale perlomeno si possono apprezzare la conoscenza e l’onestà intellettuale di un Piero Dorfles.


Al termine, dopo la recensione di tre o quattro opere delle quali non ricordo né nome né autore (svaniti senza lasciare traccia, ma basta cercare su google: rai uno billy del 23 marzo 2014, se proprio uno fosse curioso), mi è venuto spontaneo di esclamare: “Certo che recensioni così la voglia di farti leggere quei libri te la fanno passare!”. Con stupore ho notato che tale affermazione ha ricevuto l’approvazione di mia moglie: “Mmhh”, ha mugugnato facendo cenno di sì con la testa due volte (non è che mia moglie sia muta, è che in genere fa economia di parole riservandole a quando deve darmi contro su qualcosa).
La cosa scontata è che dei libri recensiti ne parlavano benissimo, ma in un modo che ti fa chiaramente capire come la cosa fosse molto vicina al confessarti che qualcuno aveva loro ordinato di parlarne bene per forza. Un po’ come Vincenzo Mollica a DoReCiakGulp! (notare che per questi due nomi propri non ho usato il grassetto, volutamente): l’avete mai sentito parlare male di qualcuno? L’avete mai sentito parlare bene di un’opera o di un artista veramente meritevole? Come quando mi avevano proposto di scrivere delle brevi recensioni (gratuite) per un noto quotidiano della mia città: il problema (mio) era che dei libri che mi davano da recensire, indipendentemente dalla porcata che fossero, ne potevo parlare solo bene… La storia  è durata molto poco.
Il concetto che traspare da queste finte trasmissioni è quello che passano il vaglio solo opere e autori che sono sponsorizzati non poco. Non ci si basa sul contenuto intrinseco, ma solo su quanto è disposta a sborsare la casa editrice in funzione della visibilità fornita ad un’opera che potrebbe fare cassetta. Per forza di cose il povero telespettatore dovrà fare ricorso alle sue capacità di traduzione simultanea per capire veramente come stanno le cose, e saranno avvantaggiati coloro che possiedono un certo intuito nel leggere tra le righe. Allo scopo di fornire delle dritte utili alla giusta fruizione di tali trasmissioni, vi fornisco dei modelli ai quali sarà utile fare riferimento: per esempio, l’asserzione: “un monumentale affresco di una saga familiare che si dipana a cavallo di due guerre mondiali e di tre stati europei…” si traduce con: “pippone interminabile che ti annoia dalla seconda pagina con centinaia di personaggi che non ricorderai mai”. Oppure: “l’acuta introspezione del protagonista costituisce lo sfondo di un conflitto tra generazioni foriero di implicazioni costruttive”, che in realtà significa: “ennesima e pallosissima masturbazione mentale dello stronzo di turno che non aspetta altro che crepino i genitori per incassarne la pecunia e fare finalmente quello che cazzo gli pare in un romanzo da dare a Pepe Carvahlo per permettergli di accendere il fuoco nel caminetto scacciando il gelo nel corso di una lunga sera invernale”.
E il bello è che parecchi sprovveduti ci cascano anche.
Quello che tradisce i reali intendimenti dei curatori di queste trasmissioni è il tono. Dalle critiche esplicitate si sente che il romanzo in realtà non è stato nemmeno letto, che le parole in bocca gliele hanno messe gli editori (quelli che se lo possono permettere, ovvio). Non è che ti dicano: “Cazzo, bellissimo, ho fatto nottata per finirlo!”, come diresti tu al tuo migliore amico nel momento di consigliargli un romanzo da leggere.
E visto che sono costretti ad occuparsi di opere che in genere non meritano, devono fare ricorso a perifrasi roboanti e criptiche. Ma le motivazioni raffazzonate prima o poi si percepiscono.
Un’ennesima conferma alla fondatezza della convinzione di non guardare il piccolo schermo, e soprattutto non credere a una parola di ciò di cui cercano di convincerti.
Il Critico Televisivo

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