lunedì 12 agosto 2013

Il suggeritore

Ho lasciato questo libro sul comodino per un anno e mezzo prima di leggerlo, anzi, per la verità lo avevo subito iniziato appena preso, ma dal momento che le prime pagine non mi avevano entusiasmato mi ero riproposto di terminarlo più in là. E sì che i presupposti per una buona lettura c’erano tutti: le voci che parlavano di un romanzo stupendo, le consacrazioni dell’autore a poter essere considerato il Jeffrey Deaver italiano, la rapidissima scalata ai vertici delle classifiche di vendita, il fatto da non sottovalutare che alla mia compagna di vita e di letture non era dispiaciuto (anche se non è che ne fosse rimasta proprio entusiasta).

Ma quando il mio sesto senso librario si fa sentire, in genere devo dargli retta.


Be’, per farla breve alla fine l’ho letto, e l’aspetto più rimarchevole di questo fatto è che ora ne sto ricavando un post. Per il resto, una vera delusione.
Avevano pubblicizzato Il suggeritore come un ottimo thriller ad alta tensione, con trovate geniali e colpi di scena sorprendenti, da leggere tutto d’un fiato, e questo ti fa solo capire come qualsiasi notizia tu attinga dalla televisione è un’emerita baggianata
Il romanzo si lascia anche leggere, storcendo il naso parecchie volte, ma al termine ti chiedi come mai non hai deciso di sprecare il tempo in qualche altro modo, che so, una passeggiata, per esempio. La trama è ai limiti dell’assurdo, veramente farraginosa e campata per aria, costruita a tavolino in modo tale da creare nel lettore un continuo succedersi di sensazioni forti, sull’onda dei romanzi di Harris, Leane, Coben, Klavan, Wessel, Heffernan e molti altri, in pratica una scopiazzatura degli stili di molti, ma il problema è che queste sensazioni sono suscitate da invenzioni irragionevoli e colpi di scena al limite dell’assurdo di quelli che anche il lettore meno smaliziato se ne esce con un ma dai, ma non sta né in cielo né in terra!
I personaggi sono spinti da motivazioni francamente poco credibili e i loro comportamenti sfociano in azioni paradossali che per essere dei professionisti li fanno sembrare invece dei veri deficienti, e la risoluzione finale, che a detta di molte di quelle voci osannanti avrebbe fatto realmente rabbrividire, in realtà lascia il tempo che trova, se non un senso di liberazione per averlo finalmente terminato e poter passare a qualcosa di più sostanzioso. E credibile, soprattutto.
L’aspetto criminologico sarà trattato anche in modo passabile, e ci mancherebbe altro, visto che Donato Carrisi è anche un criminologo, ma nel complesso non posso fare altro che relegare il libro tra i thriller di terza categoria ed archiviarlo lassù, sullo scaffale più alto della mia libreria, quello che per raggiungerlo c’è bisogno della scala.
Perlomeno ho liberato un posto sul comodino.
Il Lettore

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