Quando
stai parlando a tu per tu con una
persona famosa in tutto il mondo, di
quelle dotate di un considerevole spessore, e scopri che condivide con te il
piacere di leggere autori che ammiri, non puoi fare a meno di sentirti tutto orgoglioso.
La persona in oggetto è Lorenzo Mattotti,
artista e fumettista di fama internazionale, il luogo la Biblioteca delle
Nuvole di Perugia e l’autore il giapponese Haruki
Murakami, di cui si ventila sia uno dei candidati ad un prossimo Nobel per
la Letteratura.
Nel
corso di quella chiacchierata
Mattotti sosteneva di essere affascinato dalla prosa del giapponese, e di avere
in comune con lui il desiderio di sconfinamenti artistici nella dimensione
onirica e alle volte soprannaturale. Diceva anche che Murakami è uno di quegli
autori che fanno riflettere come pochi altri. La dimensione onirica e
soprannaturale io non la amo molto, tanto è vero che tra tutti i libri di Murakami preferisco i più concreti, ma sono d’accordo sulla capacità del giapponese di
fornirti continui spunti di riflessione.
A
sud del confine, ad ovest del sole
di splendido non ha solo il titolo. L’aspetto che più mi ha colpito del libro è
la finezza della prosa, che immagino peraltro, non conoscendo il giapponese,
sia stata tradotta in maniera superlativa. La scrittura di Murakami è di una
semplicità tale da rasentare la perfezione: la lettura è sempre fluida e
scorrevole e di una precisione
incredibile nel mostrarti situazioni e stati d’animo, trasformando l’opera in
una di quelle che ti restano dentro a lungo. E c’è da considerare anche che
questo romanzo è uno dei primi che ha scritto.
Ho cominciato a leggere
Murakami con L’arte di correre e
l’ho apprezzato da subito: questo libro non è un romanzo e per questo molti
sono arrivati a giudicarlo scadente, ma io l’ho trovato oltremodo interessante
perché in esso Murakami sviscera un’analisi spietata delle motivazioni che lo
spingono sia a scrivere romanzi che a correre maratone sfiancanti, e per ognuna
delle due tematiche spiega le tecniche e i trucchi che utilizza per arrivare
fino in fondo.
Ho continuato con Norwegian wood, quindi con Kafka sulla spiaggia e Nel segno della pecora, per poi passare
a 1Q84 e ai volumi di racconti nei
quali sono concentrati la bizzarria e il mistero di cui Murakami ama circondare
le sue vicende, e che per l’accentuata dimensione onirica sono quelli che mi
hanno soddisfatto di meno. Io amo stare sul reale. Ma in ognuna delle opere
Murakami trasfonde sia l’anima del Giappone moderno con tutte le sue contraddizioni
sia i problemi adolescenziali dei giovani nipponici, permeando l’insieme dell’eleganza
riposta in una prosa squisita e descrivendo con arte quasi calligrafica
particolari e sentimenti.
Il Lettore
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