mercoledì 7 agosto 2013

I "curricula" degli aspiranti scrittori

Qualche volta mi fanno morire. Dal ridere, o dallo stupore. Quando arrivano testi inediti in redazione molto spesso sono seguiti da lettere di accompagnamento, curricula, biografie, sinossi delle opere, liste di titoli già pubblicati, elenchi di incarichi ricoperti, preghiere perché i testi siano letti alla svelta, suppliche per la pubblicazione o minacce di ritorsioni qualora quegli scritti non venissero accettati. Al contrario qualcuno è molto stringato, niente lettere a lato, solo: “Vi mando il mio romanzo dal titolo “Il gatto uscito dalla stufa”. Dategli un’occhiata”. Senza nemmeno firmarsi. Da un estremo all’altro.


Ma quando sono presenti, in alcuni di quegli allegati si scoprono delle perle che sapendole interpretare lasciano sospettare il valore dell’opera che dovrà essere valutata ancora prima di leggerla.
Uno che ti informa che delle sue precedenti pubblicazioni ha già venduto sessanta o settantamila copie e tu non l’hai mai sentito nominare, quando ora come ora per arrivare in testa alle classifiche dei bestseller in Italia basta che te ne comprino anche meno di 4 o 5 mila, ti fa sospettare, a meno che non le abbia piazzate porta a porta, che le stia sparando un po’ grosse. Figuriamoci quindi le fregnacce che ha messo nel libro che sta cercando di promuovere.
Quelli che ti enumerano 26 premi conquistati in concorsi letterari, 42 titoli accademici e 95 incarichi ricoperti presso le più prestigiose università europee, su un lettore ingenuo potrebbero anche fare colpo, ma basta che il lettore ingenuo si accorga già nella sinossi del numero abnorme di virgole messe tra soggetto e predicato, per operare un radicale  rovesciamento del concetto.
Sono un po’ come quegli aspiranti scrittori che ci tengono a qualificarsi come professori, avvocati, ingegneri, dirigenti, plurilaureati, perfino giornalisti, e poi ti scrivono: “Le invio questo romanzo che o scritto…” con la voce del verbo avere senz’acca. Non ci credete? Ho le prove, ce le ho tutte memorizzate. Un refuso! Dirà qualcuno. Una distrazione! La tastiera del pc che funziona male! Va bene, ammettiamo pure che sia un refuso, ma anche fosse, la presenza di quel refuso significa che non rileggi nemmeno quello che scrivi, nemmeno quando stai tentando di convincere un editore a pubblicarti! Figurarsi il testo dell’opera.
Quelli che descrivono da soli la propria opera come dinamica, corale, ritmica, sorprendente, accattivante, fluida, divertente, eccentrica, pienamente leggibile, intrisa di delicatissime aure magiche, impareggiabile, potente, appassionante, da leggere tutta d’un fiato, profonda, pregna di sentimento, poetica, densa di significato e altre amenità, puoi stare sicuro che ti stai apprestando a valutare un mattone di quelli che I Miserabili al confronto è una storiellina che va giù come l’acqua.
Quei poeti (ha ha ha… ehm, scusate…) che spediscono una, due, tre raccolte di poesie, anche quattro o cinque, ma anche sei, a te casa editrice che non hai mai pubblicato un libro di poesie in tutta la tua storia… che dire? Proprio nulla.
Ma ci sono anche quelli nati nel ‘93 (‘92, ‘94, ’96…) che ti informano che “quando erano piccoli” amavano tanto leggere e inventare storie ed è sembrato loro doveroso arrivati a questo punto della loro esistenza, una volta cresciuti (!), di mettersi a scriverne loro stessi. Ma perché? Continua a leggere, no! Tanto più che in genere gli appartenenti a questa categoria usano affibbiare quasi sempre ai loro personaggi tutti nomi americaneggianti (Jake, Kevin, Sammy…) per storie ambientate a Torpignattara. Mah!
E quelli che tentano di convincerti che i personaggi del loro romanzo sono originali, imprevedibili, solari, erompenti dalla pagina, coerenti, a tutto tondo, strazianti, drammatici, compresi nel loro ruolo, esilaranti, macerati dalle contraddizioni, tragici, specchiati o shakespeariani, ti fanno presagire che leggerai di personaggi più piatti delle figure in un mondo bidimensionale.
Quelli che nella sinossi non si sognano nemmeno di raccontarti la trama del romanzo così com’è, ma con essa cercano solamente di convincerti che la vicenda è molto intrigante, ecco, questi andrebbero fucilati proprio, usando penne al posto dei proiettili.
Ma c’è anche chi spedisce solo una sinossi di tre righe, ovviamente descrivente una trama che più banale e scontata non si può, senza allegare nemmeno un capitolo dell’opera, sicuri che ti basterà scorrere quella sinossi per rimanerne totalmente affascinato e li pregherai subito di fornirti il testo completo per stamparlo immantinente senza leggerne neanche una pagina.
E anche quelli che invece elaborano una sinossi di 6 pagine di 900 caratteri l’una sviscerando anche i più reconditi pensieri della tartarughina del coprotagonista e ti portano a chiederti, qualora tu sia riuscito a resistere al sonno oltre la decima riga, di quali abomini abbiano farcito il romanzo stesso.
Alla fine penso di preferire quelli che nelle loro presentazioni sono troppo stringati, ma per lo meno si firmassero…        

Il Valutatore & lo Scrittore

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