Fino all’altro giorno non
avevo mai letto nulla di Beppe Fenoglio,
ma avendone sempre sentito parlare bene
la curiosità mi ha costretto a farmi prestare alcuni suoi romanzi da una cara
amica ben fornita, che ringrazio, e per iniziare ho scelto questo Una questione privata.
La tematica principale delle opere di Fenoglio è la resistenza antifascista unita alle
guerre partigiane, ed entrambe vengono trattate in un modo molto crudo oltre che
realistico, per quanto lo possa affermare una persona che non è passata
attraverso quelle tragiche esperienze.
Ma dal momento che è considerato uno dei maggiori esponenti del neorealismo letterario, evidentemente
non sono il solo a pensarlo.
“Sospirò, non sapendo che fare. Con la mano sulla fondina sbottonata,
non sapeva che fare. Vide oltre la gobba un canneto, ci arrivò in quattro
sbalzi e di tra le canne riesaminò il paese. Nulla di mutato, si era accentuata
l’eruzione dei comignoli. Non sapeva che fare, all’infuori di scendere oltre.”
All’infuori della ripetizione
esasperata del non saper che fare, che mi ha colpito, ma in realtà una ripetizione
del genere l’ho incontrata questa sola volta e quindi non può essere
considerata una cifra stilistica, la prosa di Fenoglio insiste sui fatti che
succedono ai combattenti partigiani, calcando molto sul fattore umano e sui
rapporti intercorrenti tra i vari uomini anche di diverse fazioni.
In più, in Una questione privata il protagonista,
che può essere considerato lo stesso autore, è angosciato da un passato amore
che ricorda con nostalgia e fa di tutto per cercare di avere dei chiarimenti da
un amico che però è stato catturato dai fascisti e forse sarà fucilato. Un buon
motivo per poter parlare anche di questi tragici modi di fare nel corso della
guerra di cui ancora oggi sentiamo le
conseguenze.
Ma a volte Fenoglio si lascia
andare anche a brani che mostrano un qualcosa di poetico: “Attraverso il muro e le tenebre e la pioggia poteva vederla [la
collina], altissima, che immobilmente andava sulla case coi suoi mastodontici
mammelloni.”
Una buona lettura, con una
prosa che fa venire in mente un po’ gli anni ’50 ma sostanziale, che bada al
sodo. Non a caso quelli che più spingevano per promuovere i romanzi di Fenoglio
erano Italo Calvino ed Elio Vittorini, che qualcosina di
letteratura ne capivano.
Il Lettore
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