Finalmente un libro che dice
le cose come stanno!
Non avevo nulla da leggere
che mi tirasse in particolar modo e sono andato a ripescare questo di Amélie Nothomb dai tanti suoi che non
ho ancora letto. È il secondo romanzo che ha scritto e grande è stata la
delusione quando ho scoperto che è un romanzo che parla di bambini.
Come già saprete io non sopporto i bambini e tutto ciò che
è loro connesso, comprese e soprattutto le mamme dei suddetti, per cui sono
andato avanti a fatica ma devo dire che alla fine, pur non piacendomi del tutto,
devo riconoscere che la Nothomb ha centrato l’obiettivo: dimostrare come sono
fatti bambini realmente.
Nient’altro che perfide carogne.
Romanzo autobiografico,
tratta della bambinitudine
dell’autrice quando dal Giappone si è trasferita nella Pechino comunista al
seguito del padre diplomatico. Qui, con i figli degli altri diplomatici
temporaneamente espatriati e provenienti da tutto il mondo, forma una comunità
all’interno della quale si sviluppano ben presto delle lotte intestine che con
il tempo si trasformano in vere e proprie battaglie in cui tutto è permesso,
all’insegna dell’infliggere ai nemici le maggiori umiliazioni possibili, e
nelle quali i Nemici sono dapprima i
Tedeschi (del resto se lo meritano:
la seconda guerre mondiale è colpa loro) per finire con i Nepalesi (perché pochi, e quindi facilmente sconfiggibili, forse).
Nella più completa indifferenza di genitori e cinesi.
Nello stile ironico e
graffiante della Nothomb vengono messe alle luce tutte le bassezze di cui sono capaci i bambini (nella loro dolcissima
ingenuità (!)), insieme al dare mostra del loro (e del suo) egocentrismo infinito e allo sfoggiare
perle di cultura citando a ripetizione filosofi e personalità che hanno
lasciato un segno.
Non ultimo, c’è anche il
primo innamoramento dell’autrice per una persona del suo stesso sesso, condito
anch’esso di umiliazione e indifferenza come tutti gli amori non corrisposti.
Bambini? Alla larga.
Il Lettore
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