venerdì 17 novembre 2017

L’ultimo passo di tango

E torniamo a Napoli. Purtroppo. E ai libri di racconti. Sigh.
È scontato che prima o poi ogni autore di successo se ne esca con un libro di racconti. I racconti vendono solo se hai già raggiunto la fama, ma tutti gli autori prima o poi ne scrivono. Perché è più divertente e meno impegnativo che scrivere un romanzo. Anche se scrivere un buon racconto è molto ma molto più difficile che scrivere un romanzo, ma gli ingenui di questo non se ne rendono conto.
E i racconti scritti da sconosciuti non li compra nessuno.
Comunque, gli autori famosi i racconti prima li tengono dentro al cassetto, e forse li pubblicano singolarmente in riviste o antologie, poi, quando hanno già raggiunto la gloria, si possono permettere di far uscire una raccolta sicuri che andrà a ruba. Quando la raccolta non gliela commissiona direttamente l’editore per incrementare gli introiti.
Ho il sospetto che in questo caso sia andata così. Adesso vi spiego perché.




Questo L’ultimo passo di tango — Tutti i racconti è una corposa raccolta dell’intera produzione di racconti di Maurizio De Giovanni.
Tutti scritti dopo il 2007, però, se è vera l’informazione che ci ha fornito di persona lo stesso autore nel corso di una conferenza in cui lui stesso ci ha informato che prima de Il senso del dolore non aveva scritto altro e non aveva nulla di nulla nel cassetto (vedi qui).

Quindi le cose sono due: o questi racconti li ha scritti nel corso di dieci anni dopo il primo successo prevedendo che prima o poi avrebbe dovuto pubblicare una raccolta di racconti, o li ha scritti in fretta e furia pressato da un editore avido quanto basta.
La seconda ipotesi mi pare più verosimile, un po’ perché nella raccolta compaiono pezzi già pubblicati anche singolarmente, come L’omicidio Carosino, vedi qui, il racconto da cui è nata la figura del Commissario Ricciardi, un po’ perché tono e argomento di molti racconti sono ispirati o alla cronaca nera recente o alla storia (tira in ballo persino Hitler), quasi come se l’autore avesse cercato disperatamente dappertutto dei buoni spunti per le trame.
Bene, il mio cinismo è soddisfatto, ora posso parlare degli aspetti positivi.
Non c’è dubbio che sono scritti bene, benissimo, oserei dire, con lo stile preciso al quale De Giovanni ha abituato i suoi lettori, saturo di sentimentalismo e profondità di introspezione.
I contenuti vanno a scavare all’interno dei recessi più nascosti dell’animo umano, e se c’è un aspetto che gli si può appuntare è quello che la maggior parte dei racconti sono tristissimi, angoscianti: genitori che uccidono i figli, figli che ammazzano i genitori, amanti che massacrano amanti, sembra che non vi sia fine all’abiezione più truculenta, tanto che viene da pensare che cosa ci sia nella mente di un autore che scrive in continuazione di queste tragedie.
Se non l’avessimo ascoltato di persona nel corso di quella conferenza, nella quale si è mostrato davvero allegro e simpatico (nonostante sia napoletano, NdF), per ciò che scrive verrebbe da dargli forma come uno dei componenti della famiglia Addams.
Intervallati da pochissimi pezzi il cui finale è di poco meno truce degli altri, si susseguono racconti uno più angosciante dell’altro, fino a portarti sull’orlo della depressione. Poi ti dici che va be’, dai, sono solo racconti e scritti bene, peraltro, ma quando l’hai finito tiri un sospiro di sollievo.
Come lettura ne sei soddisfatto, ma per la successiva vai alla ricerca di qualcosa decisamente di più allegro.
Il Lettore

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