E torniamo a Napoli.
Purtroppo. E ai libri di racconti. Sigh.
È scontato che prima o poi ogni
autore di successo se ne esca con un
libro di racconti. I racconti
vendono solo se hai già raggiunto la fama,
ma tutti gli autori prima o poi ne scrivono. Perché è più divertente e meno impegnativo che scrivere un romanzo. Anche se
scrivere un buon racconto è molto ma
molto più difficile che scrivere un romanzo, ma gli ingenui di questo non se ne rendono conto.
E i racconti scritti da sconosciuti
non li compra nessuno.
Comunque, gli autori famosi i
racconti prima li tengono dentro al cassetto, e forse li pubblicano
singolarmente in riviste o antologie, poi, quando hanno già raggiunto la
gloria, si possono permettere di far uscire una raccolta sicuri che andrà a ruba. Quando la raccolta non gliela
commissiona direttamente l’editore per incrementare gli introiti.
Ho il sospetto che in questo
caso sia andata così. Adesso vi spiego perché.
Questo L’ultimo passo di tango — Tutti i racconti è una corposa raccolta
dell’intera produzione di racconti di Maurizio
De Giovanni.
Tutti scritti dopo il 2007,
però, se è vera l’informazione che
ci ha fornito di persona lo stesso autore
nel corso di una conferenza in cui lui stesso ci ha informato che prima de Il senso del dolore non aveva scritto
altro e non aveva nulla di nulla nel cassetto (vedi qui).
Quindi le cose sono due: o questi racconti li ha scritti
nel corso di dieci anni dopo il primo successo prevedendo che prima o poi
avrebbe dovuto pubblicare una raccolta di racconti, o li ha scritti in fretta e
furia pressato da un editore avido
quanto basta.
La seconda ipotesi mi pare
più verosimile, un po’ perché nella raccolta compaiono pezzi già pubblicati anche singolarmente,
come L’omicidio Carosino, vedi qui, il racconto da cui è nata la
figura del Commissario Ricciardi, un
po’ perché tono e argomento di molti
racconti sono ispirati o alla cronaca nera recente o alla storia (tira in ballo
persino Hitler), quasi come se l’autore avesse cercato disperatamente
dappertutto dei buoni spunti per le trame.
Bene, il mio cinismo è soddisfatto, ora posso
parlare degli aspetti positivi.
Non c’è dubbio che sono scritti bene, benissimo, oserei dire,
con lo stile preciso al quale De Giovanni ha abituato i suoi lettori, saturo di
sentimentalismo e profondità di introspezione.
I contenuti vanno a scavare
all’interno dei recessi più nascosti dell’animo umano, e se c’è un aspetto che
gli si può appuntare è quello che la maggior parte dei racconti sono
tristissimi, angoscianti: genitori che uccidono i figli, figli che ammazzano i
genitori, amanti che massacrano amanti, sembra che non vi sia fine
all’abiezione più truculenta, tanto che viene da pensare che cosa ci sia nella mente di un autore che scrive in
continuazione di queste tragedie.
Se non l’avessimo ascoltato
di persona nel corso di quella conferenza, nella quale si è mostrato davvero allegro e simpatico (nonostante sia
napoletano, NdF), per ciò che scrive verrebbe da dargli forma come uno dei
componenti della famiglia Addams.
Intervallati da pochissimi
pezzi il cui finale è di poco meno truce degli altri, si susseguono racconti
uno più angosciante dell’altro, fino a portarti sull’orlo della depressione.
Poi ti dici che va be’, dai, sono solo racconti e scritti bene, peraltro, ma
quando l’hai finito tiri un sospiro di sollievo.
Come lettura ne sei
soddisfatto, ma per la successiva vai alla ricerca di qualcosa decisamente di
più allegro.
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento