lunedì 27 novembre 2017

Drive-in — La trilogia

Trilogia significa tre romanzi: questo per dire che per leggerli tutti e tre ci ho impiegato un po’ più di una settimana. Ed è stata una vera faticaccia, ma non perché non l’abbia apprezzata.
Joe Lansdale ha scritto il primo romanzo nel 1988 e gli ha fatto seguire subito dopo la continuazione, poi ha aspettato quasi vent’anni e nel 2005 ha fatto uscire il terzo volume della serie. Forse doveva disintossicarsi da se stesso dopo aver ideato una roba del genere.
O almeno penso, perché di sicuro questi tre romanzi sono tra i più ributtanti che io abbia mai letto. Deboli di cuore e di stomaco: astenetevi dal prenderli in mano!
Ma il fatto che nel loro complesso siano diventati un cult book, un’icona della cultura pop, avrà pure una ragion d’essere, no?




John Steinbeck diceva: “Il Texas è uno stato mentale”, e questo concetto è stato talmente amato da Lansdale da scandagliarlo fino a fargli raggiungere proprio il fondo dell’abisso.
Ma lasciamo parlare i fatti: tre amici decidono di passare una serata all’Orbit, un Drive-in del Texas, per farsi una scorpacciata di film horror e popcorn. A un certo momento una cometa rossastra sorvola le arene dove si proiettano i films e… bum! Da qui in avanti fino al termine dei tre romanzi è un incubo continuo, il peggiore che potreste immaginare.
L’intero Drive-in viene incapsulato in una bolla di buio dalla quale non si può uscire: chi prova a toccarne la parete si scioglie letteralmente, e ben presto l’intera comunità intrappolata diviene preda dei più prepotenti alla ricerca forsennata di cibo, di bevande e di qualcuno (o qualcosa) con cui fare sesso. La gente impazzisce del tutto e Lansdale dà libero sfogo alla fantasia nel descrivere omicidi che più allucinanti non si può, stupri fantasiosi, mutazioni repellenti, mutilazioni agghiaccianti, episodi di cannibalismo particolareggiati e immaginosi, geniali tentativi per cercare di cavarsela, entità aliene, tirannosauri, pesci giganteschi, mari di merda e nastri di pellicole cinematografiche antropofaghe.
Tutti diventano folli, impazziti del tutto nel cercare di capacitarsi dell’accaduto e di trovarne una qualsiasi ragione logica. Tatuaggi che prendono vita e si trasformano in mostri, novelli dittatori, ammazzamenti continui in una rivisitazione tragicomica del classico: che cosa succederebbe se chiudessi un gruppo di persone in una stanza e non le facessi più uscire?
Il tutto in una alquanto schifosetta metafora (quanto azzeccata non so) dell’attuale società statunitense, frutto di una fantasia smisurata e al di là del reale. Metafore sono sicuramente alcuni dei personaggi secondari, come il Re del Popcorn, due uomini fusi insieme in un’unica entità che distribuiscono robaccia da mangiare (metafora del consumismo); Popalong Cassidy, un ragazzo che al posto della testa ha un televisore che irradia programmi (metafora della dipendenza televisiva) e il gigantesco Pesce Gatto che vuole mangiare balene (metafora della corsa alla sopraffazione).
Lo stile è costituito dalla scrittura sopraffina (in questo caso cruda che più cruda non si può) di Joe R. Lansdale e dalla sua ironia: uno stile diretto ed esplicito oltre che estremamente violento, e anche le scene più vomitevoli sono descritte nei più minimi particolari (confesso che anch’io ho avuto qualche problemino nel leggere di un personaggio che pensa al modo migliore di squartare il cadavere di una bella ragazza per poi mangiarselo. Dopo averla violentata. Stando nudo mentre si trastulla con la propria proboscide). Ma fa anche sorridere per le situazioni paradossali.
Ribadisco il concetto: non mi piace affatto il genere horror, né da leggere né da guardare al cinema, ma non ho potuto fare a meno di terminare questi tre libri perché sono scritti davvero bene. Lansdale è veramente un maestro, un asso nel capire e nel mostrare tutto ciò che di peggio possa offrire l’essere umano.
Il Lettore (leggermente schifato)

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