lunedì 19 giugno 2017

Leggere è una faccenda da gatti

Questo romanzo è ispirato a un gatto realmente esistito, di nome Jordan, che è diventato famoso per aver eletto a propria residenza per molti anni nientemeno che la Biblioteca di Edimburgo.
Anche il protagonista di questo libro, G.B., ha scelto come casa una biblioteca, e in più i libri li legge e li ammucchia conservandoli nel suo angolino privato, a cui ha dato il nome orrendo di “Gattacolo” (ma forse questa è colpa del traduttore), nel quale inoltre invita amici e sparge topi mezzi mangiucchiati, ma sono sicuro che anche il vero Jordan avrebbe finito col disapprovare la sua esistenza.




Checché ne dicano le recensioni su vari siti (è ovvio che le case editrici non possono che parlar bene dei libri che pubblicano, e le gattare non possono che andare in sollucchero in modo assolutamente indiscriminato quando sentono nominare la parola gatto), questo romanzo è di poco meno brutto di come ha saputo scrivere sui gatti Licia Colò. Se volete fare il paragone, la mia recensione su quello della Colò la trovate qui.
Alex Howard (che probabilmente è giovane e non è un Grande Lettore — né un gattaro esperto —, altrimenti non avrebbe scritto tante ovvietà) ha voluto infilare in questo romanzo talmente tante banalità sui gatti da farti perdere ben presto la voglia di proseguire, infiocchettandole, tanto per rendere il tutto più melenso, con altrettante banalità sulla letteratura, senza peraltro mai andare a fondo del perché ha inserito il tale nome o la tale citazione. Gli autori nominati man mano, e nei quali il gatto sembra trovare perle di saggezza, non sono ridotti ad altro che stereotipi: famosissimi (Nietzsche, Joyce, Orwell…) e per questo conosciuti anche da chi non legge, come sembra essere l’autore di questo libro, che non specifica mai il cosa il gatto ha letto e il perché.
La ridondanza di retorica e di luoghi comuni mi ha costretto a interrompere la lettura più o meno allo stesso livello di quello della Colò, dopo essermi reso conto che con il proseguire non sarebbe migliorato. Gatti che amano farsi carezzare dietro le orecchie… originale, una mestolata di Nutella sarebbe meno stucchevole.
Peccato, un’idea che avrebbe potuto essere carina irrimediabilmente rovinata dalle sdolcinature.
Che la gatta che amo sia rustica e poco socievole (proprio come il padrone) lo so perfettamente, e forse è solo un leggero risentimento quello che provo nel leggere che G.B. starebbe giornate intere a farsi carezzare dietro le orecchie: il tempo impegnato in quest’attività che la mia a malapena sopporta è sempre inferiore di una frazione di secondo di quello che io ho voglia di concederle, con il risultato di ritrovarmi sempre con le dita che fanno i “grattini” sfettucciate fino all’osso.
Anche se nel tempo ho imparato a velocizzare i miei riflessi.
Ma non abbastanza da poter battere una gatta stronza.
Il Lettore gattofilo

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