venerdì 27 maggio 2016

Noli me tangere

Una mattina di qualche giorno fa mi sono trovato ad aspettare una persona più a lungo del necessario, e dal momento che non mi ero portato dietro il Pulitzer del quale da qualche giorno ho cominciato la lettura (e che per gli altri libri sopraggiunti nel frattempo non riesco a terminare), sprofondato comodo nel sedile della macchina mi sono messo a spulciare nel telefono cosa vi potesse essere di buono per farmi ingannare l’attesa. Ho dato una scorsa all’inizio dei libri di tre o quattro autori senza esserne conquistato, poi ho aperto questo e ho proseguito la lettura per una cinquantina di pagine prima che la persona arrivasse.
I ritardatari li odio.




Però oramai il romanzo mi aveva preso e la curiosità ha fatto sì che ne proseguissi la lettura anche in seguito fino a terminarlo. Io non le capisco proprio le persone che si annoiano. Io non mi annoio mai. Nei momenti in cui non ho nulla di altro da fare leggo, e negli altri rari momenti in cui non ho voglia di leggere ho sempre qualcosa da fare, così se usi questo sistema è impossibile che ti assalga la noia. Chiusa parentesi.
La produzione di Andrea Camilleri può essere divisa in due grandi blocchi: i gialli con protagonista Salvo Montalbano e tutto il resto nel quale Montalbano non c’è. E se personalmente preferisco i primi, devo però ammettere che il più bel romanzo che a mio parere Camilleri ha scritto, La mossa del cavallo, fa parte del secondo gruppo, così come altri molto meritevoli, insieme a diverse altre cose che meritevoli non sono e che sono state mandate in stampa solo per fare cassetta.
Anche il romanzo di oggi vede l’assenza del Salvo nazionale, e in una mia personalissima scala di valori da uno a dieci sulla sua bontà, a differenza di altre recensioni che ho stilato su Camilleri, stavolta mi sento di attribuirgli un passabile sette.
Lo spunto: una donna scompare nel nulla, e la storia della sua ricerca è dipinta solamente tramite dialoghi tra le persone interessate alla sparizione (marito, amica, domestica, amanti, ex-amanti, commissario di polizia e altri), articoli di giornale o lettere, stralci di opere teatrali famose, senza descrizioni dei personaggi o contestualizzazioni di luoghi e atmosfere, ricalcando tecniche e schemi ai quali Camilleri ci aveva già abituato in libri come La concessione del telefono.
Il titolo del romanzo è preso dall’episodio evangelico dell’incontro di Maria Maddalena con Gesù Cristo risorto, prendendo spunto dai quadri in cui la scena è stata rappresentata e in particolare quelli del Beato Angelico (al convento di San Marco a Firenze) e di Tiziano (alla National Gallery di Londra), sui quali la donna scomparsa ha realizzato la sua tesi di laurea, la quale costituisce un motivo importante della sua evoluzione psicologica.
Viene fuori tutto il lato più interiore di una donna che nel libro appare pochissimo e solo tramite il resoconto fattone da altri, dapprima apparendo come una bellissima zoccola, poi pian piano cambiando registro man mano che lo scrittore ne rivela gli aspetti nascosti e motivazionali, fino a far apparire il suo comportamento perfettamente coerente con le pulsioni più intime e da sempre tenute nascoste.
Stavolta Camilleri ha messo  in opera una piece teatrale piacevole da leggere e che suscita da subito nel lettore quella curiosità necessaria a proseguire la lettura, in un italiano correttissimo con la sola concessione al dialetto (romanesco) ad opera di un personaggio secondario. I dubbi sulla sparizione della donna alla fine vengono risolti con spiegazioni psicologicamente plausibili, e alla fine di quelle poco più di due ore che ci si mette per leggerlo ci si ritrova con una sensazione positiva.
Mentre scrivo questo post mi vengono in mente metafore carine e parallelismi azzeccatissimi con situazioni già famose e personaggi reali (un esempio fra tanti John Lennon e Maharishi Mahesh Yogi), che però devo abbandonare quasi del tutto perché vi rivelerebbero troppo sulla trama e sui colpi di scena che si succedono nel romanzo. E solo mia è la colpa del fatto che ogni volta che sento nominare il tragico Cocktail Party di T.S. Eliot, immancabilmente mi viene in mente lo spassosissimo Hollywood Party con Peter Sellers, ma questo con il libro di Camilleri non c’entra proprio nulla.
O no?
Il Lettore 

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