sabato 21 maggio 2016

Elogio del gatto

Uno dei regalini che mi sono arrivati dal Salone di Torino è questo Elogio del gatto, della scrittrice parigina Stéphanie Hochet, che mi dicono sia amica della ben più famosa Amélie Nothomb (e le assomiglia pure).
Visto che il libretto è minuscolo, appena un centinaio di pagine in un formato più piccolo dell’A5, vale a dire super tascabile, e che la curiosità era tanta, mi sono messo a leggerlo subito accantonando per un momento il Premio Pulitzer che avevo iniziato da poco. Potenza del fascino dei gatti.
Ma anche in questo caso il risultato è stato inferiore alle aspettative.




Il tema portante del libro è, manco a dirlo, un’apologia del gatto attraverso le citazioni dello stesso operate in letteratura, un po’ quello che ha fatto Carl Van Vechten con il suo Una tigre in casa che avevo recensito qui. La differenza è che Van Vechten aveva scritto un’opera quasi monumentale analizzando la presenza del gatto anche in tutte le altre arti estranee alla scrittura, mentre la Hochet si è limitata  a questa e (quasi) solo nell’ambito dell’ultimo secolo, che era sfuggito allo statunitense dal momento che aveva pubblicato il libro nel 1920.
Stéphanie Hochet rievoca la presenza dei gatti in diverse opere letterarie, da Shakespeare a Balzac, da Eliot a Maupassant, da La Fontaine a Walt Disney per poi approfondire ma non più di tanto, citando Tennessee Williams e la sua Gatta sul tetto che scotta, lo stretto rapporto che intercorre tra la sessualità femminile felina e quella umana. Ci sarei arrivato anch’io da maschio: la conclusione è che basta essere femmine per essere sempre pronte a tirare fuori le unghie.
Librettino leggibile, curioso, ma che in fondo lascia il tempo che trova. E il fatto che sia breve è un vantaggio perché la noia non fa in tempo ad assalirti che l’hai già finito.
Il Lettore 

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