L’altro giorno mi è capitato di
soffermarmi su Rai 5 mentre stavano trasmettendo una rappresentazione della Fedra, un’opera sinfonica di Sylvano Bussotti del 1988. Per la
serie: se proprio devo accendere la televisione, perlomeno cerco canali che
trasmettano un qualcosa di culturale. Ce ne sono pochi, intendiamoci, ma ogni
tanto si incappa in qualcosa di interessante.
Non è stato questo il caso.
Questo tipo di musica
sinfonica contemporanea ritengo sia del tutto inascoltabile. Ci ho provato, giuro, mi sono sforzato di
apprezzarla, di capire perché fosse ritenuta degna di plauso e quindi
riproponibile da una grande orchestra, ma più insistevo, più il mio cervello si
rifiutava di apprezzare quello che sentivano le mie orecchie. Non entro nei particolari
tecnici perché non è questo il luogo, ma la stessa riflessione si può applicare
anche in campi diversi.
Va bene la cultura seria, ma penso che una delle
sue componenti fondamentali debba essere quella di porsi in modo piacevole. Se ciò che senti non è piacevole,
perché dovresti continuare ad ascoltare?
Se ciò che leggi non è piacevole, perché
continuare?
È stato questo il caso del Premio Nobel 2013 per la Letteratura, Alice
Munro. Ho voluto iniziare la sua raccolta di racconti Nemico, amico, amante… perché non avevo mai letto questa autrice, ma
ho faticato ad arrivare al terzo
racconto che ho lasciato a metà, dopo che nei primi due mi era capitato di
addormentarmi sulle pagine o di dover tornare indietro perché non ricordavo
nulla di cosa avevo letto la sera prima.
Per carità, non perché
fossero scritti male, anzi! La Munro scrive benissimo, con uno stile da Grande Maestro supportato da una
tecnica narrativa mirabile, ma i suoi racconti non sono per nulla piacevoli da
leggere. Superficialmente si potrebbe affermare che sono noiosissimi, il che non sarebbe così lontano dalla realtà, ma in
questo caso preferisco dire, proprio perché mi sono reso conto di trovarmi di
fronte una grande scrittrice ― che purtroppo a più riprese mi ha fatto
addormentare ― che non hanno suscitato in me quell’interesse necessario a poter
proseguire nel leggere una cadenza lenta, rarefatta, e il cui contenuto è molto
lontano dal mio vissuto personale.
Gli spaccati di vita normale
rappresentati dalla Munro, privilegiando il contenuto dell’anima femminile, di
persone che abitano un mondo diverso dal nostro come può essere quello dell’interno
del Canada, non hanno fatto scattare in me nessuna molla di interesse, pur
comprendendo benissimo i giochi sottili, velati, enigmatici, che si andavano formando
tra i protagonisti e che sono stati realizzati con una grande tecnica.
Grande stile, grande tecnica,
noia infinita. È la mancanza della
piacevolezza del leggere che mi ha fatto abbandonare il libro, e me ne dispiace
perché ho colto la bravura dell’autrice, ma d’altra parte non capisco perché
per gustarmi un autore bravo io debba per forza soffrire. Sono sicuro che a
molti altri possa piacere veramente molto e insegnare qualcosa, ma non nel mio
caso.
O forse, per alcuni libri
bisogna avere la fortuna di leggerli
al momento giusto. È possibile che non si riesca ad apprezzare un romanzo se lo
si prende in mano in un momento sbagliato, quando la nostra esistenza è
dominata da pensieri che con il contenuto di quel testo non hanno nulla a che
fare o ne sono in contrapposizione.
Magari ci riproverò fra una
decina d’anni.
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento