martedì 2 febbraio 2016

Atlantis Genesi

Della serie: se li conosci, li eviti.
Avevo giusto bisogno di uno spessore in garage per zoccare il tavolo da lavoro su cui tengo la morsa, e il volumone di più di 500 pagine potrebbe essere proprio adatto allo scopo. Altri utilizzi non ne vedo e, visto che odio disfarmi di qualsiasi tipo di libro, questa potrebbe essere una soluzione.




Un’ennesima porcheria che secondo la pubblicità dovrebbe risultare “enigmatica come Dan Brown”; che tratta dei più profondi misteri della storia e nella quale l’umanità rischia seriamente di scomparire ma per fortuna intervengono gli eroi di turno. Anche in questa c’è di tutto: terroristi, astronavi aliene, stragi sanguinose, il trito e ritrito mito di Atlantide, malattie contagiose, sottomarini nazisti, medici che fanno esperimenti sulla pelle di poveracci, sette segrete alla “uomini in nero” che controllano i destini del mondo, ricercatori puri ed integerrimi e soprattutto tanta, ma tanta esagerazione che dopo poco ti satura irrimediabilmente.
Ho retto poche decine di pagine, con la sfiducia e la delusione che andavano crescendo man mano che leggevo descrizioni raffazzonate che non lasciavano vedere situazioni chiare ma facevano restare tutto nel fumoso, in cui non si capiva bene nemmeno chi faceva cosa a chi e tantomeno il perché, fino a che ho deciso che non potevo continuare a perdere tempo in questo modo. Perlomeno il tavolo con la morsa tornerà ad essere stabile.
Dicono (ripeto: dicono, ma non è detto che sia la realtà) che questo romanzo abbia venduto oltre un milione di copie negli Stati Uniti e che sia stato tradotto in 20 paesi. Ammesso che ciò sia vero, sarebbe solo un altro esempio della potenza della pubblicità e della dabbenaggine degli americani. Anche solo per la palese mancanza di plausibilità delle scene che, ripeto, sono scritte veramente male.
Per fare un esempio, dopo poche pagine dall’inizio si incontra una situazione in cui un gruppo di persone è oggetto di un esperimento: vengono tutte rinchiuse in una stanza nella quale viene calato (non si sa da dove) un automa umanoide alto quattro metri che solo con la sua presenza, e non è dato di sapere in quale modo esattamente, uccide quasi tutti i presenti. E fin qui ci può anche stare, magari il come e il perché li spiegheranno in seguito, pensi. Il fatto è che per calare l’automa da non si sa dove utilizzano quattro cavi d’acciaio ognuno dello spessore di 25 centimetri (sic).
Ora, possibile che nessuno si sia accorto dell’incongruenza? Un’unica fune d’acciaio normale del diametro di soli 25 millimetri regge circa 35 tonnellate di carico (da considerare che raddoppiando il diametro del cavo il carico supportato quadruplica: una fune da 50 mm regge circa 140 ton). Quanto avrebbe dovuto pesare l’automa per giustificare l’uso di 4 funi ognuna con un diametro dieci volte maggiore? A occhio e croce avrebbe dovuto avere la stazza di una portaerei, non essere alto solo 4 metri. Senza considerare un’altra faccenda: da che cosa sono retti i cavi? Quale soffitto avrebbe potuto sopportare un’installazione del genere?
Ma sembra che nessuno ci abbia fatto caso, non gli editor né tantomeno i lettori. Certo, è possibile un refuso, un errore nell’unità di misura (del resto anche nei telegiornali vengono allegramente scambiati metri con chilometri e velocità con accelerazioni), un errore di traduzione, o forse sarà che sono io che sono pignolo, che sto a cercare il pelo nell’uovo. Uffa, che noioso che sei!
Perdonatemi, sarò fatto così, ma quando leggo questi sfondoni immancabilmente mi cadono le palle.
Il Lettore demoralizzato

1 commento:

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