sabato 20 febbraio 2016

L’ultimo giorno

Glenn Cooper stavolta supera se stesso in quanto a esagerazione e voglia di far colpo sul lettore. Bisogna imparare da lui. Nel prossimo romanzo che scriverò dovrò metterci dentro Dio stesso come coprotagonista e la fine del mondo come tematica, altrimenti non vieni nemmeno preso in considerazione. Mo’ me lo segno.




Ammazzando un po’ di persone ed estraendone dal cervello un liquido non ben specificato proprio nel momento della loro morte, un ricercatore sintetizza una droga potentissima il cui trip ti porta sull’orlo del paradiso fino a incontrare la persona morta che ti è più cara, alle cui spalle intravedi sempre Dio stesso. Lo stato di beatitudine e di rivelazione è tale che vuoi solamente ripetere l’esperienza e raggiungere quella persona che hai perso, fregandotene di tutto il resto e abbandonando lavoro e vita normale, fino addirittura ad ucciderti per riunirti per sempre con essa in un eden incomparabilmente bello.
La droga ha un successo planetario immediato fino a scardinare le basi della società civile: una marea di gente smette di lavorare per dedicarsi solo ad essa, le basi economiche distrutte, il numero dei suicidi in crescita esponenziale, fino a… niente, l’autore non ce lo dice e non sfiora nemmeno di striscio il problema, lasciando spazio solo ai vaghi destini dei protagonisti principali in un finale deludente e troppo rapido rispetto al ritmo dei primi tre quarti del libro.
Le tematiche sfiorate sono importanti: la religione, l’esistenza o no di un Dio, il dilagare di sostanze stupefacenti dall’assuefazione critica, l’accettazione consapevole di se stessi, il dramma del suicidio, la delicatezza di una società civile sempre in equilibrio precario tra l’evoluzione e il tracollo, ma solo accarezzate senza essere approfondite, con un’escalation fino a situazioni irrecuperabili la cui soluzione viene ignorata completamente.
Le risposte alla maggior parte dei problemi che Cooper aveva innescato vengono lasciate in sospeso e il romanzo si chiude in maniera raffazzonata. Di sicuro perché neanche l’autore sapeva più come districarsi dal ginepraio nel quale si era cacciato con le sue mani. Ma cosa importa? La data stabilita dall’editore è rispettata, il romanzo venderà, chissenefrega dei destini della società civile.
Il problema è che Glenn Cooper sa scrivere, anche se quello che mette dentro ai suoi libri è  perlomeno criticabile. Però sa come far susseguire una frase all’altra in modo da innescare la scintilla dell’attenzione e tenerla sempre accesa, e anche quando ti accorgi della vacuità del contenuto e ti domandi ma cosa cazzo sto leggendo? continui a leggere perché ormai sei curioso di sapere come va a finire. E alla fine… delusione.
Peccato, un talento sprecato.
Il Lettore 

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