Avrete sicuramente notato che
è passata una settimana dall’ultimo
post pubblicato. Perdonatemi, ero impegnato nella lettura del libro di cui
sopra, questo La ferocia che ha
vinto il Premio Strega 2015. Una lettura di quelle… ma di quelle…
Di quelle che ti mette pensiero ogni volta che lo
prendi in mano, che ti fanno rimpiangere il tempo perso nella lettura (orrore!),
che ti fanno dare le testate nei muri, che ti fanno cadere di nuovo nella
depressione nel pensare per cosa si vincono i premi importanti oggigiorno.
Si è capito che non mi è piaciuto? A partire da quella
copertina insipida e fuori tema. E naturalmente non sono neanche arrivato in
fondo, ma è stata una sofferenza comunque.
È andata così: non avevo nessunissima curiosità di leggere il
vincitore del Premio Strega 2015, ma
due care amiche (dopo essere intervenute ad una presentazione dello stesso
Autore che dicesi un simpaticone…), mi hanno detto che in fondo non era poi così
male, e una di loro mi ha prestato la sua copia (autografata dall’Autore stesso
medesimo!) con la seguente avvertenza: “Le
prime pagine sono un po’ pesanti… ma poi migliora!”.
Alla faccia delle prime pagine! Arrivato a fatica a pagina
80 le ho scritto un messaggino esprimendo i miei dubbi e lei mi ha risposto “Lo sapevo…”, invitandomi a proseguire. L’ho
fatto, tra sofferenze inaudite, noia infinita, nausee esiziali ogni volta che
stavo per riprenderlo in mano e l’insopprimibile desiderio di emulare Pepe Carvahlo accendendoci il fuoco
nella stufa. Dopo altre 100 pagine di repulsione ho ceduto: il miglioramento non c’era stato e mi sono sentito sufficientemente
giustificato nell’abbandonarlo, considerando anche che ero appena a metà. Non
avrei resistito comunque fino alla fine.
Un altro esempio di come
alcuni libri vengono scritti apposta per fare in modo che vincano i premi
letterari. Per carità, è un romanzo colto, ma anche troppo, scritto con una
ricercatezza lessicale accurata ma non esagerata (non al livello di Scurati,
per intenderci), con introspezioni psicologiche approfondite, ma anche troppo, costruzioni
sintattiche elaborate e precise, ma anche troppo, e la “giusta” dose di
citazioni sapienti che, a differenza di Scurati, Lagioia lascia passare quasi
sottotono inserendo vaghi riferimenti (a William
Blake, per esempio) senza stare a specificare più di tanto.
Lo svolgimento è però complicato dalla costruzione
architettonica elaborata e arricchita con frequenti e fin troppo ellittici flashback, dalle spiegazioni logorroiche
sul comportamento e sul modo di pensare dei vari personaggi in tutti gli stadi
delle loro vite, e dall’inserimento ad intervalli regolari di considerazioni filosofiche
su profonde verità esistenziali e/o metafore contorte che il più delle volte
devi tornare indietro a rileggere per tentare di capire cosa avesse voluto
dire.
Il tutto equivale a: noia, spazientimento,
nausea, disinteresse; altro che piacere di lettura!
La ricerca stilistica
raggiunge livelli parossistici
quando cominci a leggere un brano e ti accorgi che l’autore è lì che ti sta
dicendo: “Ecco, guarda, prepàrati, adesso
ti faccio vedere come si scrive…” e si lancia in un esercizio di stile sopraffino, di quelli da portare ad esempio nei
corsi di scrittura creativa, come riempire pagine intere di frasi brevissime
staccate conferendo un ritmo da Gran Premio di Formula 1, o costruire la
narrazione di un semplice fatto su più linee separate convergenti o meno alla
fine.
Tanto per farvi un esempio
terra terra di quest’ultimo concetto (farina del mio sacco, scritto in due
minuti):
“La donna prese la pistola. La rondine volava nel cielo. Dalla tasca
estrasse un proiettile. Con un’improvvisa cabrata si allineò sulla traiettoria
di un’ignara farfalla. Quando sarebbe stato il momento migliore? La inseguì
vanificando gli scarti fino a intercettarla e la inghiottì con uno scatto
repentino del capo. Ma proprio ora, perché aspettare? si disse inserendo la
cartuccia nel caricatore. Lo richiuse con uno scatto secco (che potrebbe provenire
sia dal tamburo della rivoltella che dal becco della rondine, NdA). Salì in auto per andare incontro al suo
destino. Si diresse veloce verso i suoi piccoli che la aspettavano nel nido.”
Tanto per far capire come la
cosa non sia poi così difficile e sufficientemente confusa da destabilizzare qualsiasi lettore. Ma fa tanto fine! Fa tanto
scrittore evoluto! Oltre alle “raccomandazioni” delle case editrici potenti, sono
queste le cose che vi faranno vincere i premi letterari. Riflettete gente,
riflettete.
Dovrò pensarci seriamente anch’io,
prima o poi.
Il Lettore & lo Scrittore
P.S.: rileggendo la farina
del mio sacco mi accorgo di come quelle poche righe siano piene di nebbiose allegorie
dal profondo significato… sarò sulla buona strada?
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