martedì 26 agosto 2014

Galàpagos

Come pochi altri grandi scrittori Kurt Vonnegut aveva la capacità di infondere sapienza e leggerezza nei suoi libri, sotto forma di vicende narrate senza mai emettere il minimo giudizio né cadere nel pregiudizio, ma lasciando che ogni lettore traesse dai fatti raccontati le proprie conclusioni. Con una prosa semplice ma allo stesso tempo ricca di invenzioni narrative e stilistiche, questo Galàpagos si rivela farcito di spunti tragici, umoristici, sociali, sentimentali e morali. Anche se…


Kurt Vonnegut è diventato famoso in tutto il mondo per quel Mattatoio n. 5 nel quale racconta il tragico bombardamento di Dresda ad opera delle fortezze volanti alleate e, come è sua consuetudine, l’autore affronta anche in questo romanzo temi importanti quali l’antimilitarismo, l’ecologia, la condanna dell’andazzo insostenibile accelerato dall’umanità nelle ultime decine di anni, insieme alla denuncia del capitalismo scriteriato, dell’abuso di alcoolici, della distruzione delle risorse naturali e dell’egoismo individuale.
Nel libro c’è un narratore enigmatico, che fa sempre riferimento a se stesso senza mai dire chi sia (e ovviamente io non ve lo rivelerò…),  si sa solo fin dall’inizio che sta raccontando i fantasiosi fatti successi nel 1986 da un tempo lontano un milione di anni nel futuro, dal quale lascia capire che quei fatti ed altri hanno portato a catastrofi tali da far scomparire del tutto la razza umana come la intendiamo ora per essere sostituita da una popolazione le cui mutazioni genetiche hanno risolto parecchi  dei problemi che oggi affliggono noi umani, delle quali un cervello più piccolo per commettere meno stronzate è la più rilevante.
E questo misterioso io narrante si limita a raccontare una miriade di storie e situazioni a corredo del filone principale senza mai trarne una morale esplicita, come è prerogativa dei grandi scrittori, utilizzando uno stile semplice e immediato da affabulatore. Una particolarità stilistica è quella di anteporre un asterisco al nome dei personaggi che stanno per morire di lì a breve (*Pinco Pallino), come un’anticipazione: quando noti l’apparire dell’asterisco sai che entro quella giornata quel personaggio morirà, e ciò innesca la curiosità del venire a conoscenza del come.
Ma proprio perché il romanzo è condito da una valanga di personaggi per ognuno dei quali si dipana una storia a parte, infarcito di analessi e prolessi continue, di salti nel tempo, di invenzioni astruse, di riallacci ad episodi narrati decine di pagine prima, di attese lunghissime prima di venire a conoscenza del prosieguo della vicenda, ben presto si rivela una narrazione non agevole da portare avanti e non di rado ti fa spazientire per la prolissità del racconto.
Una volta terminato ho concordato con me stesso che Mattatoio n. 5 mi era piaciuto molto di più, ma ciò non toglie che anche questo romanzo sia uno di quelli che fanno pensare parecchio e una dimostrazione di come un bravo scrittore possa sbrigliare una sconfinata fantasia a beneficio di una toccante denuncia sociale.
Il Lettore

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