Chissà per quale strano motivo
mi è presa la voglia di rileggere, a distanza di quasi quarant’anni da quando
me l’ero gustato la prima volta, questo capolavoro di Isaac Asimov. Forse perché sto passando un momento in cui sono
particolarmente schifato della nostra attuale situazione politica, e mi sono
tornati in mente i tre sintagmi successivi che fanno da cappello alle tre parti
in cui il romanzo è diviso e che presi insieme costituiscono una profonda
verità di Friedrich Schiller:
Contro la stupidità /
neanche gli Dei / possono nulla.
Asimov ideò questo romanzo
dopo quasi dieci anni che non scriveva di fantascienza, essendosi dedicato
completamente alla divulgazione che trovava assai più remunerativa (e questo
nonostante fosse già considerato il più grande scrittore di hard science
fiction esistente: da considerare che è suo anche quello che è considerato
il più bel racconto del genere mai scritto, Notturno, elaborato quando aveva 21 anni). Un decennio che
evidentemente gli è servito, dal momento che l’autore stesso ha specificato che
questo è il suo romanzo di fantascienza preferito e il libro stesso ha ottenuto
i maggiori riconoscimenti della letteratura fantascientifica: il Premio Hugo e il Premio Nebula.
Oltretutto, Neanche gli Dei, oltre ad essere
diventato un caposaldo della letteratura fantascientifica, potrebbe essere
preso ad esempio per spiegare due concetti utili a tutti gli aspiranti
scrittori: l’ipotesi da cui partire
e l’ellissi letteraria.
Una delle tecniche che si
utilizzano nei corsi di scrittura creativa
per stimolare le capacità creative degli allievi è quella di ipotizzare
una determinata situazione e porsi la domanda: che cosa succederebbe se… ? Che cosa succederebbe se finalmente al
governo salissero persone dotate di un briciolo di cervello? Che cosa sarebbe
successo se Otello non avesse creduto alle false accuse di Iago? Eccetera.
Nel nostro caso la domanda
che si pone Asimov è: “che cosa
succederebbe se un ricercatore scoprisse l’esistenza sulla terra di una certa quantità
di plutonio 186?” Dal punto di vista chimico l’esistenza dell’isotopo di plutonio 186 è del tutto impossibile:
il plutonio ha peso atomico 244, e ciò significa che per essere stabile ha
bisogno all’interno del suo nucleo di 94 protoni e circa 150 neutroni a
bilanciarli. Un ipotetico atomo di plutonio 186 avrebbe una vita lunga nemmeno
un trilionesimo di trilionesimo di secondo. Ma se per caso venisse trovato… Asimov
parte da questo paradosso e costruisce un universo parallelo, un parauniverso nel quale le leggi della
fisica sono diverse da come noi le conosciamo, finendo con il mettere in
comunicazione i due universi attraverso un dramma nel quale sono in gioco le
loro stesse esistenze.
Se nel romanzo può essere
individuato un punto debole, questo consiste proprio nella consueta logorrèa
dell’autore russo, che come sua abitudine si dilunga a volte eccessivamente
(anche se questo modo di scrivere è considerato con simpatia dai suoi
affezionati), ma in questo caso la prolissità è riscattata dal modo geniale in
cui Asimov ha scritto la parte centrale del romanzo, quella ambientata nel
parauniverso e nella quale mostra la
vita degli antagonisti alieni.
Non a caso ho scritto mostra, in corsivo per catalizzare
l’attenzione, perché Asimov non si mette a raccontare, ma con un mirabile
ricorso all’ellisse fa letteralmente
calare il lettore all’interno del mondo alieno senza spiegargli i perché e i
percome delle sue affermazioni e delle scene che si trova ad affrontare. Asimov
dà
per scontato, non specifica chi sia un Morbido o per quale motivo un
Sinistride brilli a volte in quel modo: il lettore lo capisce a poco a poco
proseguendo nel romanzo, ma è proprio il mostrare senza superflue spiegazioni
che innesca nel lettore la curiosità necessaria a proseguire. Nell’affrontare
la seconda parte del libro ci si trova dapprima spaesati, ma l’interesse cresce
andando avanti fino ad arrivare a comprendere la complessità di una società del
tutto immaginaria senza che l’autore si sia messo a descriverla. Basta questo a
classificare il romanzo come un capolavoro.
Lo stesso Asimov aveva già
utilizzato questa tecnica sia nella trilogia del Ciclo della Fondazione che in Io,
robot, sia nel racconto Sulle
proprietà endocroniche della Tiotimolina risublimata, scritto da dottorando
all’età di 28 anni e con il quale elabora un esperimento: far passare un
racconto inventato per un vero articolo scientifico. O viceversa. La
Tiotimolina di Asimov è un composto capace di sciogliersi in acqua prima che lo sperimentatore la immerga
nel liquido, e questo grazie alla sua contemporanea esistenza sia nel presente
che nel futuro (il bello è che se il ricercatore furbino fa soltanto finta di immergerlo, il composto non si scioglie…). La
genialità di Asimov è consistita nello scrivere il racconto come se fosse il
risultato di una vera ricerca scientifica, con tanto di grafici, tabelle e
bibliografia. Il racconto/articolo fece scalpore, tanto che all’esame finale
della tesi per il dottorato uno degli esaminatori gli chiese per scherzo di
illustrargli le proprietà della Tiotimolina…
Il Lettore
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