venerdì 3 gennaio 2014

Leggermente fuori fuoco

Ecco un altro esempio di titolo splendido, tant’è vero che per una volta è stato lasciato inalterato l’originale inglese, Slightly out of focus, traducendolo letteralmente.


La bellezza del titolo deriva dal fatto che esso richiama molti aspetti del libro stesso, non ultime le celeberrime fotografie scattate da Robert Capa durante lo sbarco in Normandia (una delle quali è stata scelta per la copertina), e fa presagire al lettore gli orizzonti enigmatici che potrà trovare nel testo.
Ho ripreso in mano questo libro del 2002 mentre riguardavo il testo di Don McCullinn che ho recensito qualche giorno fa, ed è sorto spontaneo un paragone sia tra le due biografie che tra i diversi modi di fotografare. La vita dei due fotoreporter può dirsi simile: entrambi fotografi di guerra, entrambi globetrotters, due vite al margine, una delle quali spinta fino al rifiuto dei troppi orrori visti, l’altra terminata tragicamente in Indocina nel 1954 per aver poggiato il piede su una mina.
Anche questo libro, come quello di McCullinn del quale si è già parlato, è un documento storico multimediale, che con la scrittura e la fotografia racconta un ventennio critico della storia del Novecento.  Certo che quando uno partecipa alla guerra di Spagna, alla guerra sino-giapponese, allo sbarco in Normandia, allo sbarco in Sicilia, alla guerra arabo-israeliana, fonda assieme a Henry Cartier Bresson l’agenzia fotografica più famosa del mondo, la Magnum, è amico di Ernest Hemingway, compagno di Gerda Taro e scatta una delle fotografie più famose al mondo (Il miliziano colpito a morte), si capisce come di cose da dire e da fotografare ne abbia avute ben più del dovuto.


Rispetto alla biografia di McCullinn in questo caso si incontra uno stile di scrittura più ingenuo, allo stato grezzo: ironico, spontaneo, nel quale manca la ricercatezza e che assomiglia di più ad un racconto da bar. Capa assume le sembianze di un guitto, anche un po’ smargiasso, nel raccontarsi, calcando la mano sugli aspetti della sua vita che sarebbero piaciuti all’amico Ernest.
Per non parlare della semplicità e dell’immediatezza delle sue foto (come questa splendida qui sotto, scattata dopo lo sbarco in Sicilia nei pressi della Vigata di Camilleri), che trasmettono l’essenza del momento stesso.


È veramente un peccato che la maggior parte di quelle che ha scattato ad Omaha siano andate perdute per un errore del tecnico in camera oscura.
Il Lettore

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