Dopo aver letto Quel che resta del giorno, quando mi
sono trovato di fronte quest’altro romanzo di Kazuo Ishiguro non ho
potuto fare a meno di prenderlo ed iniziarlo subito, sperando di ritrovare
quella prosa cristallina che mi aveva soddisfatto leggendo il precedente.
Questa volta la conferma
c’è stata: Ishiguro intavola in modo curato una prosa fluente, precisa nei
particolari e sufficientemente discorsiva da permetterti di continuare ad
andare avanti nonostante il ritmo pacato e l’atroce
tematica che resta sempre in sottofondo. E in questo è supportato anche
dalla traduzione oserei dire perfetta di Paola
Novarese.
La tematica, dicevo. Il romanzo di Ishiguro è ambientato in una realtà
distopica nella quale con il beneplacito statale si “allevano” cloni di esseri
umani destinati a fornire organi di
ricambio per trapianti (le “donazioni”) in modo da curare molte malattie umane.
Ma di questo nel libro non si parla quasi mai: con un mirabile ricorso
all’ellisse l’autore ci fa trovare direttamente all’interno
di una congrega di questi cloni che interagiscono tra loro come se vivessero in
una società “normale”, con tutte le loro problematiche e gli interrogativi su
quale sarà il loro futuro individuale del quale sono edotti sì, ma al quale non
sono mai rassegnati del tutto.
Da
qui deriva lo sconvolgente senso di
angoscia che permea tutto il libro, dall’inizio alla fine, attraverso un
succedersi di situazioni anche futili, ma che viste attraverso l’ottica del
destino segnato di questi esseri, del tutto simili agli esseri umani ma
condannati fin dalla nascita, incidono a fondo nel lettore un orrore viscerale
per la possibilità concreta della fattibilità di un’operazione del genere. Kazuo
Ishiguro è un maestro nel mostrare,
attraverso fatti banali e rapporti interpersonali quali potrebbero svilupparsi
tra qualsiasi adolescente, l’angoscia che deriva dall’essere considerati come pecore al macello,
rassegnati, segnati da un destino ineluttabile. Inoltre l’autore si cala con
coerenza e naturalezza nei panni di una protagonista di sesso femminile e
riesce nello scopo di farla apparire perfettamente plausibile.
Non
lasciarmi è un libro che
nonostante la voluta lentezza ti afferra alla gola e non ti lascia, tramite un
susseguirsi di episodi “normali” che dipingono una situazione complessa e
agghiacciante, attraverso la quale l’autore ti conduce con una non-chalance che
sconfina nel fatalismo. Anche il trucco che l’autore usa chiamando i personaggi
solo con il nome e l’iniziale puntata del cognome (Kathy B.) conferisce ai
singoli una drammatica spersonalizzazione, e sottolinea la privazione di
un’identità concreta.
Un libro che una volta
letto non si dimentica facilmente.
Il Lettore
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