mercoledì 6 gennaio 2016

Una tigre in casa

I gatti sono le tigri dei poveri diavoli” ha scritto Théophile Gautier, e da povero diavolo che convive con due di queste piccole tigri non posso che dargli ragione. E lo conferma anche Mèry: “Dio ha creato il gatto per dare all’uomo il piacere di accarezzare la tigre” come si legge nella pagina delle dediche di questo completissimo trattato sui gatti che è stato scritto da Carl Van Vechten a cavallo del 1919 e pubblicato per la prima volta nel 1920.


Nell’ultima pagina l’autore stesso tiene a precisare che per scriverlo ci ha impiegato circa 14 mesi durante i quali la sua gatta Feathers, da cucciola che era, è diventata “una palla di pelo color crisantemo, rossa, arancione, bianca con delle sfumature nere e adesso sta per diventare mamma”. E prosegue: “Feathers è stanca di questo libro. Ultimamente me l’ha detto più di una volta. A volte con gli occhi, mi guardava con impazienza mentre stavo scrivendo. Altre volte ha usato le zampe, ha preso a grattare con disprezzo i fogli che appallottolavo e gettavo per terra. A volte sale sulla mia scrivania e si insinua fra me e il mio lavoro. (…) Mentre ero impegnato a scrivere questo libro ha sperimentato la dentizione, l’amore e adesso aspetta la maternità. Mi fa sentire piccolo e inutile. Ciò che ho fatto in quattordici mesi sembra ben poca cosa in confronto a ciò che ha fatto lei”.
E considerate che Carl Van Vechten, giornalista, scrittore e fotografo statunitense (tra gli altri ha lasciato anche i suoi ritratti di Frida Kahlo, Francis Scott Fitzgerald, Cab Calloway e Gertrude Stein), per scrivere questo Una tigre in casa di lavoro ne ha svolto a manciate, perché per l’epoca era il più esauriente compendio sui gatti che fosse mai stato scritto non tanto dal punto di vista prettamente biologico o sul come si trattano i gatti, quanto dal lato sociologico, storico, mitico, filosofico, artistico, letterario, esoterico e comportamentale. Oggi di libri sui gatti in libreria se ne trovano scaffali pieni, ma nel 1920 non credo che, a parte qualche pubblicazione scientifica per i veterinari, ve ne fossero molti altri.
Van Vechten ha riempito quasi quattrocento pagine di dati, informazioni, curiosità, aneddoti sui gatti nella storia, nella mitologia, nella musica, nel teatro, nella letteratura, nell’arte, nella legge, nel folklore, nella poesia, nelle tradizioni e nelle usanze di tutto il mondo, comprese le più macabre quando i gatti venivano perseguitati per i loro presunti legami con il mondo dell’occulto, condendo il tutto con una fine ironia e anche un po’ di umorismo.
Con questo non sostengo che il libro faccia ridere e, a dire la verità, a causa della mole di dati e citazioni che si susseguono l’una all’altra a tratti è un poco pesante, ma si lascia leggere comunque per i molteplici interessi suscitati proprio da questa pletora di informazioni.
Degni di riflessione i commenti dell’autore, come quando si chiede, riprendendo un interrogativo di Philip Gilbert Hamerton, come mai nonostante l’estrema bellezza dei gatti essi non siano stati dipinti che da pochi grandi pittori. E da qui un susseguirsi di considerazioni sulla muscolatura possente e nervosa del gatto così difficile da rendere in modo naturale con un pennello, sul carattere schivo, sull’antipatia suscitata in molti uomini per il modo di fare indipendente. O i pensieri musicali sul variegato ventaglio di miagolii e fusa che può erompere da qualsiasi micio.
Un libro piacevole e interessante che non va letto come un romanzo ma a piccole dosi, di quelli che vanno assaporati non più di una pagina al giorno per gustarsi meglio la miriade di notizie delle quali Van Vecthen lo ha riempito e che indubbiamente soddisferà tutti coloro che amano i gatti. Da leggere anche le moltissime note dell’autore radunate a fine libro, tra le quali non sfigurano notizie curiose che avrebbero benissimo potuto trovare posto nel testo principale.
Va bene, ho capito, piantala di zampettare sulla tastiera del computer, ora ti do da mangiare!
Il Lettore

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