Ogni tanto fa bene ridere, e quando questo Venerdì 12 – Omnibus è stato regalato a
mio figlio per Natale non ho resistito e gliel’ho sottratto leggendolo prima di
lui. 300 pagine di filato, dalle quali è difficile staccarti.
E la cosa strana è che in
questo caso non ci sono battute sui geologi!
Della storia di Aldo e del suo amore per Bedelia, pubblicata a puntate dapprima
su L’isola che non c’è a partire dal
1996 e quindi su Ratman collection
fino al 2004, avevo letto solo degli episodi sparsi, e sono stato contento di
poterla rileggere per intero in questa raccolta del 2015 che è solo l’ultima di
numerose altre che l’hanno preceduta. Una storia che sin dall’inizio ha
calamitato l’attenzione dei lettori del fumetto più famoso che la ospitava, e
che quindi Leo Ortolani ha ritenuto doveroso
unificare e pubblicare in un volume a sé stante.
La vicenda è strappalacrime: il
giovane Aldo è disperatamente
innamorato di Bedelia, ragazza
bellissima, cinica, fatua, vacua e parecchio mignotta (per lei, lui è solo il
numero 143 di una lunghissima serie…), che non se lo fila di striscio. Per far
colpo su di lei Aldo decide di regalarle un carillon
con la ninna nanna di Brahms che lei amava ascoltare da bambina, ma ha la
sfortuna di incappare in un negoziante misterioso che gli dona uno strumento
gravato da una maledizione: se quel carillon
fosse stato dato a una persona senza che l’amore venisse ricambiato, Aldo si
sarebbe trasformato in un mostro. Detto
fatto. Aldo si ritrova nelle sembianze di un essere ributtante consumato da un
amore impossibile, e da qui si succedono le sue avventure divise tra il vano
tentativo di riconquistare la topona o almeno di provare inutilmente a
dimenticarla.
Avventure che spaziano dallo
straziante alla più pura comicità,
condite dalle fulminanti battute di Ortolani, quelle del suo periodo migliore, che
si susseguono a ciclo continuo variando i temi dall’antropologico allo
zoologico, dallo scatologico al pornografico (ma solo come metafore). L’ormai vomitevole
Aldo si rifugia nella solitudine dell’attico di un palazzo signorile nel più
puro stile Fantasma del Louvre, accompagnato
dal suo servitore Giuda (per il
quale il cinismo e la cattiveria non
sono pura teoria), e tenta in ogni modo di uscire dagli abissi di dolore e
ribrezzo nei quali è precipitato.
Dopo 300 pagine di esilaranti peripezie, di quelle che
fanno ridere sulle disgrazie degli altri, la vicenda però si conclude con un
lieto fine: quella che nella prima puntata della serie era apparsa solo come una
metonimìa, la bambina Dulcistella,
figlia di un vicino di casa del mostr… pardòn,
di Aldo, ormai cresciuta si innamora di lui e riesce a strapparlo dalla
maledizione e dall’amore impossibile per la panterona. L’ho detto perché ormai
la vicenda è così famosa che sarebbe stato come tacere l’epilogo di Via col vento (si lasciano, ma domani è
un altro giorno).
Diciamo che me la sono
goduta, sorridendo e ridendo spesso sulle gag del pisano naturalizzato parmense
che dietro un’apparenza cinica e dissacrante mette in gioco problematiche attraverso le quali la
maggior parte di noi è passata in stadi diversi della propria vita: chi di noi
non ha sofferto per un amore non corrisposto? Chi, almeno per una volta, non si
è sentito brutto, solo, abbandonato? L’umorismo più efficace è quello che va a
rovistare nelle tragedie umane, come ci insegnano i grandi comici, da Stanlio e
Ollio a Totò, da Charlot a Fantozzi.
Magari, visto che Ratman è letto soprattutto da
adolescenti, l’unica perplessità che può sorgere a riguardo di questo fumetto è
che alcune battute, soprattutto fra quelle a sfondo sessuale, potrebbero essere
un po’ pesanti per un ragazzino innocente.
Ma a questo proposito, ne
esistono ancora?
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento