mercoledì 30 dicembre 2015

Gli sdraiati

Nota per i miei allievi passati e futuri dei corsi di scrittura creativa: se mai vi venisse in mente di scrivere un romanzo con un qualsiasi io narrante che si rivolge ad una qualsiasi seconda persona singolare (sul tipo: “Ma dove cazzo sei? Ti ho telefonato almeno quattro volte, non rispondi mai.” Eccetera eccetera), perlomeno siate consapevoli che il risultato finale sarà immancabilmente una sega.




Non a caso la citazione in corsivo del paragrafo precedente è l’incipit di questo Gli sdraiati, romanzo (?) di Michele Serra che è stato uno dei fenomeni editoriali degli ultimi tempi.
E come al solito, dopo averlo letto non ne capisco il perché.
In quarta di copertina hanno scritto, testuali parole, “romanzo comico”. Comico? Come dire “divertente” del funerale di un bambino. Nel corso di tutte le stiracchiate centootto pagine, molte delle quali bianche e altre con miseri trafiletti di una sottotrama in divenire, il testo non mi ha strappato lo straccio di un sorriso, ma ha anzi innescato una depressione montante intercalata al desiderio di piantarlo a metà, tant’è vero che nella seconda parte ho direttamente saltato diversi brani per arrivare alla fine il più in fretta possibile e finalmente dimenticarmene.
Nel descrivere la generazione attuale degli adolescenti (ma quale? Immagino solo quella ristretta al suo microcosmo e dovutamente esagerata), Michele Serra ha infarcito il testo di una sfilza di ovvietà mimetizzate dall’attualità e gonfiate al vano scopo di far sorridere. Dal punto di vista concettuale ha finito col generalizzare una situazione particolare: se tuo figlio è venuto su a cazzo di cane e non sei stato capace di metterlo in riga, non è detto che tutti i figli siano così.
Per non parlare del compiacimento narcisistico nell’usare un linguaggio ricercato da “guarda quanto sono colto… io sono un giornalista famoso, mica cazzi!”, o nel riempire due o tre pagine fitte usando solo la virgola come segno interpuntivo.
Dopo averne sentito parlare parecchio mi ero creato diverse aspettative su questo testo, che sono state miseramente deluse fin dalle prime pagine: un libro noiosissimo per quanto corto (fortunatamente!), e deprimente nel senso più deteriore del termine alla faccia del presunto “comico”.
E la domanda resta: com’è possibile che un libro del genere venda e diventi un caso editoriale? Solo perché chi l’ha scritto è conosciuto? Va bene che per la stessa ragione vendono anche Bruno Vespa o Francesco Totti, ma non basterebbe questo a farne disconoscere gli autori e a mandarli a zappare la terra invece di continuare a influenzare malamente le opinioni di un popolo ormai miseramente televisivo?
Il Lettore deluso

2 commenti:

  1. Approvo ogni tua parola e confesso di non aver terminato il libro in questione poiché era tremendamente noioso e illeggibile.
    Illeggibile anche riguardo la punteggiatura!
    Mi aumenta l'amarezza e il disappunto pensando a come pochi burattinai manipolatori stiano seminando germi contagiosi per vedere nascere, nelle prossime generazioni, frutti acerbi e ignoranti.
    Ignoranti senza via di ritorno.
    Maria Carmela

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    1. Il problema è che molti di quei frutti acerbi e ignoranti sono già nati e stanno già facendo danni. Sul romanzo non cambio una virgola di ciò che ho scritto, però mi dicono che la riduzione teatrale che ne hanno fatto è stata molto piacevole, per cui non tutto è perduto per il film. Anche se di sicuro non andrò a vederlo

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