martedì 8 dicembre 2015

Buchi nella sabbia

Come aveva già fatto in Odore di chiuso, anche stavolta Marco Malvaldi invita il lettore a un salto nel passato, nella Pisa di inizio Novecento e nell’ambiente dell’opera lirica, mettendo insieme personaggi veramente esistiti (il re Vittorio Emanuele III appena salito al trono, lo scrittore, poeta e giornalista Ernesto Regazzoni, nonché Puccini e Rossini) e personaggi immaginari che insieme formano un giallo ambientato sul palcoscenico di un teatro che ospita la prima pisana della Tosca alla presenza dello stesso Re d’Italia.




Durante la scena della fucilazione di Cavaradossi il tenore che ne sostiene la parte viene ucciso per davvero, e da qui inizia l’indagine da parte dei Reali Carabinieri per scoprire l’assassino probabilmente celato tra i molti artisti che avevano una fondata ragione per odiare il tenore e gli attivissimi gruppi anarchici toscani che caratterizzavano la politica dell’epoca.
Un giallo d’annata dal ritmo veloce e spiritoso che ho letto in poco più di due ore e nel quale Malvaldi inserisce tutto il suo solito umorismo insieme a una ricerca minuziosa sia di un ambiente letterario dell’epoca poco conosciuto che del mondo della musica operistica, con particolare riguardo a quello che ancora non veniva chiamato gossip ma che sempre pettegolezzi erano.
Il romanzo si legge molto bene e frequentemente strappa qualche sorrisetto, la prosa è colloquiale con l’Autore che con naturalezza entra spesso nel discorso come è solito fare Malvaldi, e in questo caso si sente come il modo adoperato risenta dell’esperienza che lo scrittore ha acquisito nei suoi precedenti romanzi.
Al di là di questo, non è che ci sia molto altro da dire. Trama e risoluzione della vicenda non sono molto originali; alcuni personaggi, ad eccezione del Tenente Pellerey e di Ernesto Regazzoni, non sono caratterizzati abbastanza; alcuni altri vengono abbandonati nel corso dello svolgimento e in alcuni casi le motivazioni di qualche comportamento risultano debolucce oltre a mancare del tutto certe spiegazioni che invece il lettore si aspetterebbe. Per esempio: è mai possibile che un tenore venga assassinato in un teatro alla presenza addirittura del Re e quest’ultimo è come se non esistesse? Non ci è dato di sapere cosa fa, come reagisce, se si spaventa, se lo conducono via subito, se è perlomeno incuriosito del crimine accaduto, se si interessa alla faccenda eccetera. Niente. Io come lettore me lo sono chiesto, ma forse per l’autore la cosa non era importante.
Resta un romanzetto piacevole con buoni dialoghi e qualche spunto arguto, ma non mi sento di piazzarlo ad occupare qualcuno dei primi posti dell’opera di Malvaldi. Peccato, lo scrittore toscano è uno di quelli dai quali io mi aspetto di più ad ogni nuova uscita, mi aspetto ogni volta di leggere una sua opera corposa, dotata anche di un rilevante spessore oltre alla divertente leggerezza che lo ha sempre caratterizzato, ma questo è un passo che il pisano sembra rimandare di volta in volta.
Chissà, non credo che non ne sia capace, forse per la paura di vendere di meno?
Il Lettore

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