Qualche anno dopo la fine
della seconda guerra mondiale l’uomo politico inglese Sir Harold MacMillan
(Primo Conte di Stockton e consigliere civile dell’amministrazione militare
alleata in Italia), scriverà nel suo memoriale per la commissione studi delle
nazioni Unite (War Diaries: Politics and War in the Mediterranean, January 1943
– May 1945): “Nel volgere di due anni, i
siciliani avevano vissuto la duplice esperienza di essere occupati dai tedeschi
e liberati dagli Alleati. Non è facile dire quale dei due processi sia stato
più doloroso e più sconvolgente per loro.” E detto proprio da un inglese…
Nel narrare le avventure di
una spia tedesca operante nella Sicilia post-invasione alleata, Pietrangelo Buttafuoco ha voluto raccontare
come secondo lui i siciliani hanno vissuto dapprima l’occupazione nazista e
quindi la liberazione.
Da siciliano colto,
preparato, impegnato e “leggermente” di parte.
Le
uova del drago è stato
finalista al Premio Campiello 2006 ed è uno dei pochi libri schierati
apertamente sul lato dell’ex governo fascista e in cui i tedeschi fanno la
parte dei “buoni” che purtroppo hanno perso la guerra. Del resto Pietrangelo Buttafuoco è un giornalista
e scrittore siciliano già attivista del MSI e quindi di AN, e col fatto che si
è anche convertito alla fede islamica ha inserito in questo romanzo anche un
nucleo di terroristi musulmani che avrebbero dovuto costituire dei focolai di
rivolta per “liberare” di nuovo l’Italia dagli stessi liberatori e riportarla
nelle mani del governo nazista. Le uova
del drago, appunto.
Comunque, a parte le considerazioni politiche
personali che non siamo qui per questo, come romanzo avrebbe anche potuto
essere buono. Gli ingredienti ci
sono tutti: la guerra, gli sconvolgimenti causati da essa, i terroristi, lo
spionaggio, qualche amore, una bionda eroina tedesca e, più importanti di
tutti, gli italiani e in particolar modo i siciliani
con tutte le sofferenze attraverso cui sono passati. Inoltre, a differenza di
Scurati (vedi l’ultimo post pubblicato),
Buttafuoco non utilizza un lessico
eccessivamente ricercato e quasi incomprensibile, e le sue costruzioni
sintattiche sono abbastanza elaborate ma di una scorrevolezza fluida.
Ripeto, avrebbe potuto essere
un buon romanzo.
Dove Buttafuoco pecca di complicazione invece, secondo me, è
nella costruzione delle molte scene che compongono un affresco ricco di
innumerevoli personaggi, rendendo arzigogolata anche una successione temporale
cronologica con frequenti rimandi nel passato e incursioni nel futuro, tutte condite
da considerazioni di carattere politico. Se non si resta più che concentrati
nella lettura può capitare che il tutto si tramuti in un’accozzaglia di fatti
confusi e slegati tra loro, dei quali non si ricordano i nomi dei protagonisti.
Un romanzo tratto da una
storia vera ma complesso da leggere,
nel quale dà fastidio anche l’acredine personale nei confronti dei vincitori di
opposta fede politica che traspare dai brani in cui Buttafuoco tratta malissimo gli Alleati (molto peggio gli
Inglesi che gli Americani) denunciandone infinite nefandezze che essi avrebbero
compiuto sul suolo di Sicilia una volta sbarcati.
All’epoca e in quei luoghi
non c’ero, quindi non so come siano andate veramente le cose e lungi da me il
giudicare. E del resto la storia la fanno i vincitori, quindi ho imparato da un
pezzo a non credere del tutto a come i luoghi comuni dipingono i fatti passati.
In ogni caso, anche se la versione corretta fosse quella di Buttafuoco, resta
irritante come dietro le affermazioni si avverta un astio che un buon
romanziere avrebbe saputo evitare.
L’inneggiare, poi, alla
giustezza, al valore, alla probità della fede eccetera eccetera dei combattenti
arabi schierati dalla parte dei tedeschi… ecco, anche questo mi è sembrato
leggermente fuori luogo.
Peccato, avrebbe potuto
essere un buon romanzo (e tre).
Il Lettore
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