Anche se vi sembrasse di
non aver mai letto Aldo Busi in vita
vostra è possibile invece che abbiate letto qualcuno dei suoi libri senza
esserne consapevoli, dal momento che una delle sue attività è quella del ghostwriter, e molti romanzi conosciuti
e pubblicati con nomi che sono diventati famosi in realtà li ha scritti lui.
Potrei anche citarvi gli autori fittizi e alcuni titoli, ma non lo farò perché
non sarei sicurissimo di affermazioni delle quali non ho prove provate e, di
solito, se non sono più che certo di una cosa preferisco stare zitto.
Sta di fatto che Busi ha
spesso scritto per altri, e magari qualche opera edita con un altro nome ha
ottenuto anche più successo di quelle che ha pubblicato con il proprio.
Personalmente lo considero
un Grande: un personaggio, un uomo
che sa parlare e che sa scrivere, e che sa sostenere le sue convinzioni
mettendo in campo una cultura rimarchevole. Al di là delle apparenze a volte
scostanti e degli attacchi ricevuti da altri personaggi che lasciamo perdere.
Che sappia scrivere si vede
anche da questo lungo monologo in forma di flusso di coscienza, nel quale l’io
narrante, identificabile con lo stesso Busi, ripercorre i suoi ricordi di ragazzo
tratteggiando le conoscenze di un’epoca che non è più, da La signorina Gentilin dell’omonima cartoleria agli insegnanti che
ha avuto a scuola, insieme a bidelli, direttori didattici eccetera, e nello
stesso tempo racconta sia di passioni adolescenziali che di un mondo
trasformatosi (in peggio? In meglio?).
Lo stile: la sintassi è superba, sublime l’uso del linguaggio, maniacalmente
precisa la punteggiatura, veramente ammirevole la ricerca della terminologia,
che gli viene tanto bene da non sembrare abbia fatto una ricerca quanto che i
vocaboli gli siano venuti uno dopo l’altro tutti in modo naturale. Stupiscono i
periodi chilometrici in cui i segni d’interpunzione sono messi tutti al posto
giusto consentendo un’adeguata respirazione, e la fantasia galoppante con cui
ha colorato i propri ricordi.
Se volete imparare qualcosa
su come si scrive in italiano leggete Busi, non scherzo.
D’altra parte…
Il problema è che già prima di arrivare a pagina venti, delle
complessive settanta, di questo martellante monologo ne hai le balle piene, e continuare
a leggere per poter dire a te stesso “ma
guarda tu quanto è bravo questo a scrivere così che invidia…” equivarrebbe
a continuare a martellarsi i coglioni con una mazza da cinque chili per cercare
vanamente di sgonfiarli.
Parlando seriamente, ammiro davvero la bravura
di Busi, ma ciò che mi è venuto a mancare è l’interesse. In me, il gossip, per quanto piccante, intessuto
su ricordi personali non ha smosso nessuna leva, e i personaggi di cui parla
l’io narrante in questo flusso di coscienza non hanno suscitato nessuna
curiosità tanto da farmi abbandonare il libretto prima della metà. Problema
mio, lo riconosco, non intendo togliere meriti a un libro che altre recensioni
hanno invece trovato delizioso, né ad un autore di quelli bravi.
Tanto che a leggere un
altro dei tanti libri firmati da Aldo Busi
ci riproverò senz’altro, mica tutte le cose che ha scritto saranno come questa.
Il Lettore refrattario
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