giovedì 21 dicembre 2017

Piccolo consuntivo di fine anno

Buongiorno a tutti, buon Natale, buon Capodanno, buone Feste eccetera eccetera. Pieghiamoci a queste anacronistiche convenzioni, facciamoci gli auguri e facciamo finta che vada tutto bene. Del resto anche il nostro premier non si esime dal ricordarci in ogni telegiornale che la situazione è buona, siamo usciti dalla crisi, l’occupazione è in aumento e pensate positivo.
Ma dove? Ma che film ha visto?
Capisco come il dire “siamo alla frutta” da parte di un primo ministro possa essere un pochino demoralizzante, ma per lo meno stai zitto che fai più bella figura.




In realtà questo non vuole essere un consuntivo del blog come ho già fatto in un paio di occasioni: non ho nessuna voglia di andare a ripescare nel già pubblicato per ricavarne delle statistiche. Mi sono accorto però che questo che state leggendo è il seicentesimo (udite udite: 600!) post che ho elargito all’etere, e mi è venuto spontaneo fare qualche considerazione.
Chi mi segue dall’inizio, vale a dire da quattro anni e mezzo a questa parte, si è letto più o meno 1300 pagine di recensioni ed esternazioni varie del sottoscritto, cioè tante da farne ben più di un più che corposo romanzo del quale tanto, se avessi scritto quello, non chiamandomi Bruno Vespa e non essendo amico di Fabio Fazio, non sarebbe fregato un cazzo a nessuno.
Perché oggi va così: se non sei amico di qualcuno importante i tuoi libri cadono subito nel dimenticatoio. Contano più le tue amicizie, importanti, s’intende, che la tua capacità di scrittura, la tua bravura. Viviamo in un’epoca in cui impera la mediocrità, prospera il dilettantismo e domina l’ipocrisia; in cui sono poche le persone che sono in grado di dare un giudizio vero su una qualsiasi opera e di quelle viene tenuto conto e non di coloro che berciano più forte o sono già conosciuti magari per tutt’altre ragioni. Tra le quali non rientra il saper giudicare se una cosa è bella o brutta. Oggi chiunque, per il fatto che si è impegnato cinque minuti in una qualsiasi creazione, pretende che gli venga riconosciuto il (presunto) valore di ciò che ha fatto, e ovviamente non ha neanche la capacità di valutarselo da solo. Dannoso per tutti, ma soprattutto per il protagonista.
Un esempio terra terra: ho amiche le cui “poesie” vengono osannate su faccialibro da stormi di galline starnazzanti che ne vengono tanto colpite da strapparsi i capelli e innalzare la “poetessa” di turno al rango di un dio. Quando in realtà ciò che la “poetessa” scrive non sono altro che quattro parole messe insieme liberamente perché “suonano” bene senza rispettare il minimo criterio di appartenenza alla categoria della poesia. Il problema di queste lodi indiscriminate è poi che la ”poetessa” di turno crede davvero di essere brava e continua, insiste, persevera, si autocompiace per meriti infondati, fino a perdere la capacità di migliorarsi perché non sa più distinguere i giudizi veri da quelli del pollaio e anzi, l’incombente saccenteria la porta a non prendere in considerazione a priori i giudizi negativi sulle sue poesie. Che invece non potrebbero farle altro che bene. Fra parentesi, ogni riferimento a persone realmente esistenti, qualora qualcuno ve ne riscontrasse, è puramente intenzionale.
Bah. La pianto qui, perché mi sto accorgendo che il contenuto di questo seicentesimo post sta diventando deprimente, e dal momento che in questi giorni sto leggendo due libri che rappresentano il non plus ultra della depressione (sia pure in tematiche del tutto differenti fra loro), so già che anche le prossime pubblicazioni non porteranno ventate di allegria su questo blog.
Speriamo meglio nel settecentesimo.
Freereader

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