giovedì 7 dicembre 2017

Maigret e il Lettone

Come cambiano le abitudini.
Ricordo che quando stavo poco bene da piccolo — le classiche influenze adolescenziali — passavo quei tre o quattro giorni a letto senza fare altro che leggere. Oggi il mio pargolo adolescente li trascorre davanti alla televisione o attaccato al telefono. Come cambiano i tempi.
Una volta che stavo male mia madre mi riportò tre o quattro Oscar Mondadori scritti da un certo Georges Simenon con protagonista tale Maigret. Li ho ancora. Da lettore onnivoro quale sono sempre stato ricordo che li lessi subito, ma non mi piacquero un gran che e non hanno lasciato nessuna traccia. Per ricordare quali fossero dovrei addirittura andarne a ricercare i titoli in uno degli scaffali alti della mia libreria.
Ora, a distanza di più di quarant’anni (di più, di più…), ho deciso che Simenon meritava un’altra chance. Non era possibile liquidare così superficialmente uno degli scrittori più amati e prolifici del Novecento senza analizzarlo in maniera un poco più critica e consapevole.
Mi sono procurato allora il primo romanzo in cui Jules Maigret appare come protagonista e che risale a 1929, e l’ultimo, dato alle stampe nel 1972, il settantacinquesimo con protagonista il celebre Commissario.
Li ho letti uno dopo l’altro e li ho confrontati criticamente. Le risposte sono in questo post e nel prossimo. Cosa ho scoperto? Che così come sono passati quei quarantatre anni per me, sono passati anche per Georges Simenon.




Il titolo originale di questo libro è Pietr le Letton (Pietro il Lettone) e come prima pubblicazione risale al 1931 anche se Simenon lo ha scritto nel ’29. È il primo romanzo in cui compare il Commissario Maigret come protagonista e del quale l’autore tratteggia una sia pur minima caratterizzazione. Con il personaggio Maigret erano già stati pubblicati altri romanzi, ma nei quali lui appariva solo come comprimario, e questo è il primo in cui è lui il protagonista principale e ne vengono descritti fattezze e modi di fare. Non che Georges Simenon si sia sprecato: grosso, burbero, basta. Alla faccia delle caratterizzazioni dettagliate.
 “La presenza di Maigret al Majestic aveva inevitabilmente qualcosa di ostile. Era come un blocco di granito che l'ambiente rifiutava di assimilare”, e ancora: “Ma la struttura era plebea. Maigret era enorme e di ossatura robusta. Muscoli duri risaltavano sotto la giacca e deformavano in poco tempo anche i pantaloni più nuovi. Aveva in particolare un modo tutto suo di piazzarsi in un posto che era talora risultato sgradevole persino a molti colleghi”.
Basta, tutto qui. E non si spreca neanche con gli altri personaggi: poco dal punto di vista descrittivo e forse un po’ più da quello psicologico. Anzi, è tutto il romanzo che viene trattato curando più che altro la psicologia dei personaggi. L’azione è poca e confusa, raccontata in modo palesemente inesperto fino al punto di rendere la lettura per nulla piacevole. Un po’ si sente, dopo ottant’anni di giallisti che hanno affinato le tecniche, l’arretratezza del contesto; un po’ è Simenon stesso che ha voluto rendere particolare il suo commissario facendogli affrontare le situazioni e gli antagonisti di petto, facendogli visitare personalmente i luoghi d’indagine in quello che diventerà, con i successivi romanzi, una caratteristica peculiare del personaggio.
A giudicare dal successo che poi ha riscosso, in effetti l’autore ci ha azzeccato, ma in questo primo romanzo secondo me il fascino di Maigret non si percepisce proprio, rovinato da una scrittura abborracciata e in molti passaggi addirittura senza senso. Nel suo complesso il romanzo a me è sembrato bruttarello, e se mi fossi limitato a questo non mi sarebbe venuta voglia di leggerne altri dello stesso autore.
Il plot di usare due gemelli per confondere le cose non era nuovo nemmeno per l’epoca in cui il libro è stato scritto, e manca del tutto di ricercatezza nella collocazione delle ellissi, tanto da rendere molti passaggi caotici proprio perché non si capisce cosa voglia dire e cosa facciano, e per quale ragione, i personaggi. Uno stile grezzo, bisognoso di consistenti aggiustamenti del tiro. E non mi è piaciuto nemmeno il finale: troppo rapido e senza ragioni motivate e plausibili.
Con i successivi romanzi sarà migliorato?
Il resto alla prossima puntata.
Il Lettore

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