lunedì 11 settembre 2017

Cosmetica del nemico

Un altro racconto lungo (romanzo breve?) di Amélie Nothomb. Dentro il lettore ne ho almeno un’altra decina e me li centellino come si farebbe con un buon vino. Ognuno è una piccola sorpresa, a modo proprio sconvolgente per l’invenzione a sua volta densa dei risvolti psicologici che l’autrice ci mette dentro.




Secondo la Treccani, il significato di “cosmetica” è:
  1. agg. Che serve a conservare o accrescere la bellezza e la freschezza del corpo umano, soprattutto del volto, della carnagione, della capigliatura: prodotti c.; acqua c., nome generico di soluzioni alcoliche, essenze, estratti odorosi, olî essenziali e sim. usati per lavare, ammorbidire o profumare la pelle del viso o del corpo.
  2. 2. s. m. Qualsiasi sostanza, come saponi profumati, lozioni, sali per bagno, creme di vario tipo, ciprie, belletti, smalti, ecc., usata nelle pratiche della cosmesi a fini igienici, estetici o compensativi, avente, a seconda dei casi, azione detersiva, emolliente, tonificante, eutrofizzante, assorbente, coprente.
Ma la Nothomb invece riporta che invece il concetto primigenio era questo: “La cosmetica, povero ignorante, è la scienza dell’ordine universale, la morale suprema che determina il mondo. Non è colpa mia se gli studiosi di estetica hanno recuperato questo termine, peraltro stupendo.”
Ed è proprio sulla base della morale che l’autrice ha impostato questo racconto. Tutto comincia con una situazione banale: Jérôme Angust si trova nella sala d’aspetto di un aeroporto in attesa del suo volo che sta ritardando quando gli si avvicina un importuno che vuole parlare insistentemente con lui. In tutti i modi lui cerca di allontanarlo, ma per quanto ci provi fino a essere anche maleducato, non c’è verso di liberarsi di questo Textor Texel che sembra voglia solamente parlare e parlare, facendolo ascoltare forzatamente e infischiandosene se Jérôme invece non ne ha nessuna voglia. Jérôme arriva persino a coinvolgere la polizia ma niente, non riuscirà a liberarsi dell’importuno fino alla drammatica fine.
In un centinaio di pagine costituite soprattutto da un dialogo fulminante e via via sempre più incalzante, la Nothomb mette in scena una vicenda paradossale che con il proseguire diventa un’esplorazione dei luoghi più profondi del nostro essere fino a portare alla luce il nemico che ognuno di noi ha dentro di sé, fino a far emergere le vergogne più nascoste e i sensi di colpa più occultati. Insieme all’incapacità di riconoscerle, quelle colpe.
Sono d’accordo che l’autrice è un po’ strana del suo, ma come le verranno in mente, queste storie?
Il Lettore

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