Della serie “alla ricerca
disperata di qualcosa da leggere” ho scovato questo libro cui non avevo mai
messo mano tra i più antichi esemplari della mia biblioteca: l’edizione
italiana è del 1968 e la stesura risale
a prima del 1964. Praticamente al paleolitico.
Questo romanzo sembra essere
il secondo del ciclo di Joyce Porter
sull’ispettore Dover, perché la stessa autrice ci avverte, in una nota a pié di
pagina 11, che la prima avventura, L’ispettore
Dover e il latte versato, “non è stato e non sarà pubblicato mai, assolutamente”, dando prova così
di saper prendere delle decisioni ferree e inappellabili. Nella realtà è
proprio questo romanzo il primo della serie, quello in cui L’ispettore Dover fa il suo esordio (orrorifico) sulla scena della
letteratura gialla.
Wilfred
Dover è un ispettore di Scotland Yard grasso, sporco,
straccione, antipatico, maleducato, politicamente scorretto e facilmente
corruttibile (soprattutto con cibarie), e la Porter gli contrappone nel ruolo
di aiutante il Sergente Charles Edward MacGregor, un giovane aitante
e belloccio, appassionato al suo lavoro, educato, elegante e ferocemente
ambizioso. I due si stanno sul cazzo a vicenda, ma sono costretti a lavorare
insieme perché il capo di Dover ritiene che l’essere costretti a collaborare
con l’ispettore costituisca un banco di prova assolutamente costruttivo per i
giovani agenti che devono farsi le ossa.
In questa avventura i due si
trovano a indagare sulla scomparsa
di una diciottenne enormemente grassa, antipatica, parecchio zoccola e dai
capelli rosso fiamma, sparita dalla circolazione mentre faceva da “badante” a
un anziano nobiluomo in uno sperduto paesino della campagna inglese. Come ha
fatto a sparire? Vista la stazza di oltre 100
chili come è possibile che si sia allontanata inosservata? L’avranno
assassinata? E come hanno fatto a far sparire il (piuttosto ingombrante) cadavere?
I due indagano in modo classico interrogando tutti quelli che potrebbero aver
avuto rapporti con la ragazza scomparsa, e ne emerge un simpatico quadro dei
britannici di paese fino a che la situazione precipita e il mistero viene alla
luce, in una soluzione che oggi non sembra più particolarmente originale, ma c’è da considerare che è
stato scritto più di cinquant’anni fa.
Romanzo comunque piacevole, con tutti i personaggi,
anche quelli minori, caratterizzati splendidamente
e dal ritmo veloce e leggero nonostante i numerosi e ripetitivi interrogatori.
E anche delicatamente umoristico. Tant’è
vero che L’ispettore Dover all’epoca
ha riscosso un discreto successo e l’autrice ha pubblicato una decina di
avventure successive a questa. Ma credo che attualmente si possano reperire
solo nei mercatini dell’usato.
Intanto mi sono arrivati ben
quattro romanzi da leggere e ieri ho cominciato quello di un tipetto che è
considerato in assoluto un mostro sacro
della letteratura mondiale. Se faccio in tempo a terminarlo ne farò lo Squizzalibro della prossima domenica.
Lasciatemi leggere.
Il Lettore
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