L’argomento di questo romanzo
di Stephen King è la violenza sulle
donne. In particolare quella dei mariti sulle mogli. Purtroppo un tema sempre
alla ribalta.
Rose
McClendon (in Daniels) è
una giovane donna picchiata e abusata dal marito finché trova il coraggio di uscire da questa situazione
critica: scappa da casa all’improvviso senza portare nulla con sé e si rifugia
in una grande città a 800 chilometri di distanza, dove trova asilo in una
struttura per donne maltrattate e piano piano prova a ricostruirsi una nuova
vita.
Ma il marito è un poliziotto,
e conosce le tecniche per rintracciare una persona scomparsa. Norman Daniels non può sopportare l’idea
che la moglie l’abbia piantato e parte alla sua ricerca con propositi di
vendetta.
Tutto il romanzo è basato su Rose che impara a vivere di nuovo e Norman che la cerca sfruttando le
capacità imparate nel suo lavoro, fino a che riuscirà a trovarla.
Stephen
King è veramente un grande. Il romanzo è scritto in modo superbo, ne emergono tutta la psicologia della donna e
tutta la psicosi dell’uomo e ti fa stare in ansia dall’inizio alla fine. Ed è
per questo motivo che di solito non
leggo King. Sei sempre in tensione e temi il momento in cui la troverà per
ciò che potrà succedere, perché nel frattempo lui ha saputo farti affezionare
alla fragilità della protagonista e temere la pazzia di lui. Lo stesso autore
alla fine ci dice che ha impiegato diciotto
mesi per scriverlo, e dovrebbero essere stati diciotto mesi per nulla
piacevoli, immerso e concentrato in universo di pazzia violenta e terrore
incontrollabile: gli stati d’animo per i quali King è diventato famoso in tutto
il mondo.
Intendete bene: ho apprezzato
molto come è stato scritto il romanzo, ma non mi è piaciuto del tutto. E ora vi
spiego il perché.
In primo luogo fa stare in ansia per tutta la lettura, temendo il
momento in cui il marito violento troverà la moglie, e a me lo stare in ansia
dà non poco fastidio. Evito accuratamente l’horror
e anche i thriller più ansiolitici
non è che li gradisca molto.
La seconda ragione è che per
la risoluzione del romanzo King fa
ricorso a una dimensione irreale: da circa metà libro in poi la narrazione
entra in una dimensione parallela, onirico/magica, che abbandona la realtà per
tuffarsi di testa nella mitologia greca con tutto ciò che le è connesso.
Quadri che per qualche inesplicabile motivo permettono l’accesso al proprio
interno, templi, incontri misteriosi, giardini del bene e del male, dei,
minotauri ed Erinni. Avrei preferito una risoluzione basata sul reale.
Come ho detto la prosa è impeccabile, con una terminologia
ricercatissima ma semplice e che tutti possono comprendere, e una sintassi
perfetta con la costruzione delle frasi elaborata ma ineccepibile. Metafore e
similitudini sono azzeccatissime e anche le numerose allegorie che costellano il
magico mondo parallelo sono ben studiate. Ma la prosa di King è anche
infinitamente logorroica, con la descrizione
incredibilmente prolissa di ogni
singolo particolare, sia nelle prospezioni psicologiche che nelle scene di
azione. Mi rendo conto come tutto questo approfondimento sia stato intenzionale
e necessario per raggiungere gli scopi dell’autore, ma francamente mi è
sembrato un po’ eccessivo. Come il film La
sottile linea rossa: vuoi arrivare al termine per vedere come va a finire e
quello non finisce mai, e in questo caso cominci a suggerire a te stesso di
saltare qualche pagina per sbrigartela prima ma hai paura di perderti qualche
passaggio sostanziale. Sono convinto che con un centinaio di pagine in meno il
romanzo non avrebbe perso nulla.
Ma questa è solo un’opinione
personale. Indubbiamente con questo stile King ti fa immedesimare pienamente
nei protagonisti e molti lettori si saranno sentiti angosciati quando
l’assassino psicopatico sarà riuscito a raggiungere la moglie innocente. E
magari saranno anche rimasti soddisfatti della Nemesi venuta da un’altra
dimensione che, benché la cosa sia spiegata perfettamente dall’autore, è l’aspetto
che mi è piaciuto di meno.
Sarebbe perlomeno augurabile
che il bene cominci a vincere su questa terra.
Che frase retorica e
stucchevole che mi è uscita!
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento