“Casa Ransome era stata svaligiata. «Rapinata» disse Mrs Ransome.
«Svaligiata» la corresse il marito. Le rapine si fanno in banca, una casa si
svaligia. Mr Ransome era un avvocato e riteneva che le parole avessero la loro
importanza. Anche se in questo caso era difficile trovare un termine preciso.”
Questo tipo di umorismo
inglese mi fa morire. Quello che vi ho riportato è l’incipit di questo breve romanzo di Alan Bennett, dal quale si capisce subito il tono su cui è
improntata buona parte del resto della narrazione.
Tornando da teatro i coniugi
Ransome hanno la sorpresa di trovare casa propria completamente ripulita di tutto ciò che essa conteneva: i ladri
hanno portato via perfino la moquette e la carta igienica, tanto che Mr Ransome è costretto a pulirsi con la
carta patinata del depliant del Così fan tutte di Mozart, che per quanta
acqua vi scorra sopra non riesce a essere espulso dal water.
Sul furto la polizia
ovviamente non arriverà a scoprire nulla, ma dopo qualche mese i due coniugi
riusciranno, per una serie di circostanze insolite e alquanto surreali, a fare luce sul fatto e a
rientrare in possesso dei loro beni, compreso l’adorato impianto stereofonico
dell’avvocato.
Nel frattempo, l’essere
costretta a rifornirsi di nuovo di tutte le cose necessarie alla vita di tutti
i giorni innesca in Mrs Ransome una serie di riflessioni che la porteranno a
convincersi di dover cambiare profondamente la propria vita.
I libri di Bennett sono così,
pieni di umorismo, ma ti fanno anche pensare. Se all’inizio il romanzo comincia
pieno di quel sottile humour britannico alla Wodehouse che a me piace molto e che raggiunge
il culmine nelle scene in cui i due coniugi raccontano del furto alla polizia,
pian piano si trasforma e assume toni più intimisti e riflessivi fino ad
indagare sulla psicologia più nascosta dei rapporti
di coppia intaccati dalla routine di
tutti i giorni.
Una dura sorpresa per quelli che pensavano fosse solo un romanzetto
umoristico!
Il Lettore
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