sabato 24 dicembre 2016

L’amore del bandito

L’altra sera sono andato alla presentazione del libro di un amico che si svolgeva in un ristorante di quelli con l’atmosfera giusta: salette piccole con pareti rivestite da scaffalature piene di libri.
Visto che come al solito ero in anticipo mi sono messo a curiosare tra i volumi e ho preferito cominciare a leggere qualcosa invece di mischiarmi alle chiacchiere con gli altri. Qualcosa di non particolarmente impegnativo, perché di lì a poco lo avrei dovuto lasciare. Ho scelto questo L’amore del bandito. Quando la presentazione del libro è iniziata ne avevo lette 30 pagine.
E dopo cena me lo sono portato a casa (di nascosto): dovevo assolutamente sapere come andasse a finire.




Perché la bravura di un autore si vede anche e soprattutto da come riesce a incuriosirti fin dalle prime pagine. Massimo Carlotto ci riesce eccome, e anche se questo romanzo magari non sarà fra i suoi migliori, lo stile essenziale e il non tergiversare riescono a prenderti da subito.
I protagonisti sono i suoi soliti: il trio composto da Marco Buratti alias l’Alligatore, Max la Memoria e Beniamino il Contrabbandiere, alla ricerca della donna del terzo misteriosamente rapita da qualcuno che vuole vendicarsi su Beniamino per un omicidio che lui ha commesso senza starci troppo a pensare (come suo solito).
Il tutto si svolge tra Padova e Grenoble, la Serbia e il Libano, in un ambiente tra i più infimi della miseria umana, in cui tutti quanti sono delinquenti, tutti i poliziotti sono corrotti, tutte le altre persone sono corruttibili e se non sei una prostituta sei un magnaccia, se non sei tossico sei spacciatore. Ce ne fosse uno normale: il nordest italiano mostrato come un formicaio di aberrazioni.
Ma se riesci a dominare il ribrezzo e la depressione il romanzo è piacevole soprattutto, come ho già detto, per lo stile incisivo e la rapidità di progressione. Carlotto non va tanto per il sottile, riporta i fatti che si susseguono a ritmo frenetico e negli ammazzamenti non sta tanto a pensarci sopra: se qualcuno deve sparare a qualcun altro lo fa e basta, non sta tanto a chiacchierare permettendo l’arrivo del Quinto Cavalleggeri in extremis.
Tempo fa leggevo un altro romanzo di un autore che intendeva proporlo per la pubblicazione e per quanto fosse presentato in modo perfetto non sono riuscito a proseguire oltre le prime trenta pagine: preamboli chilometrici e infinite masturbazioni mentali me lo hanno fatto abbandonare prima ancora che l’autore si avvicinasse al conquibus. Ogni tanto fa bene rammentare che esistono anche scrittori concreti.
Ora devo ricordarmi, la prossima volta che passo dalle parti di quel ristorante, di portare con me il volumetto per rimetterlo al suo posto sullo scaffale senza che se ne accorga nessuno.
Ah, dimenticavo, Buon Natale!
Il Lettore 

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