martedì 6 dicembre 2016

Il Cobra

Ormai lo sapete che Frederick Forsyth è uno dei miei autori preferiti, ma anche ai migliori qualche volta capita di toppare. Che ci volete fare, non si può restare sempre ai massimi livelli. Per quanto uno ci metta l’impegno, e in questo romanzo Forsyth ce ne ha messo parecchio, non sempre il risultato è all’altezza delle aspettative o delle intenzioni.




Di impegno l’inglese ce ne ha messo un mucchio, soprattutto per quanto riguarda la documentazione: sia nel campo delle innovazioni tecnologiche che in quello del mondo dei narcotrafficanti, nel campo delle armi e nello studio sui sistemi più adatti per stroncare una piaga diffusa come quella della cocaina. Peccato che per raggiungere il risultato abbia scopiazzato un po’ a destra e un po’ a sinistra, a partire da se stesso.
Il Presidente degli Stati Uniti decide di stroncare una volta per tutte il traffico di stupefacenti e con esso tutte le tragiche conseguenze che ne derivano, e per farlo si affida a un pensionato della CIA soprannominato Il Cobra per la sua capacità di colpire. Prima scopiazzatura: Paul Deveraux, alias il Cobra, è uno dei personaggi dell’altro romanzo di Forsyth Il Vendicatore nel quale, da alto funzionario della CIA, tenta di incastrare il protagonista Calvin Dexter prima che questi gli mandi a monte un’operazione segreta. Non ce la fa, Dexter riesce a fregarlo, l’operazione va a monte e Devereaux se ne va in pensione.
Ma viene richiamato in questo romanzo. Forsyth non è nuovo a exploit del genere: aveva già ripreso il protagonista del suo Il pugno di Dio, il maggiore Mike Martin, per dargli un ruolo sostanziale in L’afghano, e ora riprende Devereaux, affiancandogli nientedimeno che lo stesso Calvin Dexter (l’unico di cui il Cobra si fidi proprio per il fatto che è l’unico che è riuscito a fregarlo) per combattere la cocaina. Risolto il problema dei protagonisti.
E come risolvere quello del narcotraffico? Ma copiando Tom Clancy, naturalmente, che già gli aveva dato una bella mazzata in Pericolo imminente con lo stesso sistema di abbattere direttamente e senza alcun avvertimento gli aerei utilizzati dai trafficanti per trasportare la droga (perlomeno Clancy è stato più politicamente corretto e prima di farli fuori faceva loro intimare di atterrare e consegnarsi alle forze dell’ordine). In questo caso Forsyth allarga il tiro, facendo mitragliare gli aerei da un pilota sudafricano ben motivato e sequestrando e affondando direttamente le navi che trasportano la droga dall’America meridionale all’Africa dopo averne imprigionato gli equipaggi. Il tutto nel più completo segreto, coadiuvato dagli ultimi ritrovati della scienza come computer, droni e satelliti, un budget illimitato e la possibilità di operare al di fuori della legge e della morale.
La sparizione di numerosi carichi di cocaina provoca un terremoto nei vertici del Cartello colombiano che ne controlla il traffico e una vera e propria guerra tra questo e le bande criminali che ne sono i destinatari in tutto il mondo, e a questo punto… basta, non vi dico altro perché se continuassi andrei a intaccare la serie di colpi di scena finali e non ve lo meritereste.
Resta il fatto che il romanzo è comunque piacevole fino alla fine, ben costruito e ben scritto, da vero professionista come Forsyth è senza dubbio, ma nel complesso appare… “legnoso”, arido, quasi che l’autore abbia perso un mucchio di tempo per mettere insieme i fili della storia e giustificarne i vari passaggi non avendone poi più a disposizione per dargli il tocco di classe che condisce di solito i suoi romanzi.
Un romanzo più tecnico che intrigante, ecco.
Il Lettore 

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