Ci risiamo.
Sono al bar con una mia cara allieva a gustarci il caffè di metà
mattina e parlare di qualche autore (sia bene che male, ma stavolta non faccio
nomi), quando d’improvviso lei mi domanda: “Mi
hanno parlato bene di Lee Child. L’hai mai letto? Cosa ne pensi?”
Figuratevi. Un invito a
nozze! Le traccio in poche parole la biografia letteraria di Jack Reacher, le enumero i numerosi
pregi (che se mi avete seguito fin qui anche voi conoscete benissimo) e le do consigli
sulle migliori letture da attuare in ordine cronologico. Quindi ci salutiamo, e
mentre torno a casa incontro un’altra mia amica (per fortuna il mio editor sembra
non sia geloso…) che tanto bene stava andando a piedi in libreria. Mi offro di
accompagnarla (arifigurarsi! Un secondo invito a nozze!) e come entriamo nel
negozio tappete! Su uno dei banchi mi appare l’ultima avventura del
nostro…
Sarà stato un segno del
destino.
Me ne approprio al volo,
torno a casa e, tanto per un assaggino,
decido di leggere la prima pagina. Solo la prima, per avere un’idea, del resto
sono a metà di un altro libro che intendo terminare al più presto. Un assaggino,
solo la prima e poi basta.
Centotrentacinque pagine
dopo mi costringo a forza a interrompere
la lettura. Sorrido a me stesso, scuoto la testa e mi dico che del resto avrei
dovuto saperlo.
Non starò a farla tanto
lunga. Di Child e del suo Reacher ne ho già parlato diffusamente in passato e non farei altro che ripetermi; se ne
volete sapere di più cliccate sul nome “Child” nella colonna qui a destra.
In questa avventura Reacher
torna a girare per il mondo su
incarico coatto del governo degli Stati Uniti, con l’intento di neutralizzare
un tiratore che ha provato ad impallinare il presidente francese senza riuscirci e probabilmente vorrà ripetere il tentativo
allargando i bersagli anche al presidente americano
e al premier inglese in occasione di
un imminente G8 in quel di Londra.
Lo mettono in mezzo perché l’assassino
è in assoluto il miglior cecchino mai
uscito dall’esercito statunitense, capace di centrare una testa a milletrecento metri di distanza e,
guarda caso, era stato sbattuto in galera dallo stesso Reacher qualche anno
prima in seguito a una sua malefatta.
Quindi il nostro parte alla
caccia e si trova dapprima a scampare alla morte per un soffio nei pressi della
Torre Eiffel, quindi a combattere a
suon di sganassoni e pistolettate con buona parte della criminalità londinese, e alla fine risolve il
problema lasciando anche spazio al classico colpo di scena finale che taccio per non rovinarvi la sorpresa.
Sarò deviato, ma a me è piaciuto anche questo.
D’accordo, dopo una
quindicina di romanzi cominciano a ripetersi alcuni episodi e situazioni più o
meno già viste, ma lo stile di Child è così potente che te lo fa perdonare. Il
libro si legge in una volata, sembra che l’inglese sappia sempre esattamente come mettere le parole per
non annoiarti, sappia sempre cosa dire e cosa non dire per mantenere sveglia l’attenzione,
lasciando che la fluidità di lettura scorra senza intoppi fino alla fine. Se
non ci si limita a osservare “eehhh… ma qualcosa
di simile l’ha fatto succedere anche in un altro libro…” e si gusta l’avventura
presente per il piacere di leggere, ci si accorge di essere di fronte a un vero
maestro del genere.
Basta così, altrimenti vi
annoio io. Alla prossima!
Il Lettore
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