venerdì 27 settembre 2013

Il sussurro delle ombre

Quando si ha a che fare con un professionista il piacere di leggere ti fa perdonare anche qualche impercettibile stonatura. E Jan-Philipp Sendker ha dimostrato di essere un vero professionista della scrittura. Già mi ero gustato parecchio il suo L’arte di ascoltare i battiti del cuore, ed ora con questo Il sussurro delle ombre ha confermato che la sua bravura non si limita solamente al giornalismo.


Qualche impercettibile stonatura, dicevo, nella reale consistenza di talune delle motivazioni che muovono i protagonisti, ma al di là di questo il romanzo dipinge alcuni affreschi sia di stati d’animo che di situazioni sociali che ti fanno sprofondare nell’emozione.
Ho usato il verbo “dipingere” perché da vero professionista della scrittura Sendker le cose te le mostra davvero, non si limita a raccontarle: ti fa passare attraverso tutte le sfumature di dolore che prova un padre quando gli muore l’unico figlio; ti fa letteralmente respirare l’atmosfera di angoscia, di rassegnazione e sospetto instillata da un regime totalitario; ti conduce per mano nell’analizzare le problematiche degli immani cambiamenti sociali attraverso cui è transitata la Cina negli ultimi decenni; ti fa capire le difficoltà e gli amari risvolti dell’adeguarsi alle nuove leggi di mercato che governano l’economia globale; ti fa apprezzare i diversi gradi attraverso i quali può progredire un’amicizia.
Il tutto inserito all’interno di una storia d’amore che può essere considerata anche originale, in una Hong Kong frenetica e segnata in modo indelebile dal cambiamento.
Stile e ritmo sono adeguati a personaggi e narrazione, e se a volte capita anche che l’autore diluisca la narrazione indugiando su particolari e sentimenti, resta comunque una struttura solida con numerosi passaggi sui quali soffermarsi a riflettere.
Il Lettore

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